Laicità vuol dire libertà (anche di satira)

In questi giorni si è parlato spesso dell’attacco terroristico subito dal giornale satirico francese Charlie Hebdo e, di conseguenza, sono spuntati  slogan, manifesti e cartelli della serie “Je suis charlie”.

Ovviamente, anche in Italia questo slogan ha spopolato, ma più come moda che come atto di solidarietà, perché in Italia c’è una “finta” libertà di stampa: l’ultimo giornale satirico italiano, Il Male, è stato costretto a chiudere nel lontano 1982 con l’arresto di uno dei giornalisti per l’accusa di vilipendio della religione e di capo di Stato estero (il Papa), quindi, come dice Fabrizio Casalino:”Noi non siamo Charlie, o il suo coraggio…  il dramma di Charlie ha luogo in un paese laico, il nostro paese non lo è, se fossimo Charlie avremmo fatto qualcosa in questa direzione. Noi non siamo Charlie perché il nostro diritto di satira non lo abbiamo esercitato in faccia a pericolosi integralisti”.

 

Se si vuole fare un paragone fra la libertà di stampa italiana e quella francese, basta confrontare l’ultimo giornale satirico italiano, come già detto Il Male, e Charlie Hebdo. IL primo è stato chiuso a colpi di denunce e di richieste di risarcimento milionarie, il secondo ha subito processi ma in Francia la sua esistenza  e la sua libertà sono state tutelate dalla legge.

Si potrebbe andare avanti all’infinito con questi paragoni, che fanno emergere i limiti di uno Stato laico solo secondo la Costituzione, cioè secondo la sua Carta fondamentale dei diritti. Purtroppo, nei fatti, lo strapotere della Chiesa, la complicità dei politici e della stampa, l’ignavia dei cittadini ci relegano fra i Paesi con il più basso tasso di libertà, più vicini al Medio Oriente che alla Francia.