ACCORDI ITALIA-ALBANIA, IN SECONDO PIANO I DIRITTI

Il 6 novembre 2023 è stata annunciata la firma di un accordo tra Italia e Albania riguardante la gestione dei flussi migratori. Secondo il governo italiano, l’accordo si propone tre obiettivi principali: contrastare il traffico di esseri umani, prevenire l’immigrazione illegale e garantire la protezione internazionale solo a coloro che ne hanno effettivamente diritto.

Inserito nel contesto europeo, l’accordo solleva preoccupazioni in merito alla limitazione dei diritti dei richiedenti asilo. Alcuni dubbi sorgono sulla legittimità di aspetti tecnici e giurisdizionali, così come sui diritti che potrebbero essere violati nei centri previsti in Albania, anche in conflitto con la Costituzione italiana.

Nonostante il testo sottolinei la conformità all’ordinamento europeo e internazionale, è improbabile che i 36.000 migranti che potrebbero essere trattenuti annualmente in Albania abbiano accesso al colloquio con la commissione territoriale italiana per la richiesta d’asilo. Le strutture previste dall’accordo saranno chiuse, sollevando preoccupazioni sulla loro legittimità, poiché la detenzione dovrebbe essere un’opzione estrema e autorizzata solo da un giudice. Anche se formalmente il Protocollo consente l’accesso di avvocati, organizzazioni internazionali e agenzie europee nelle strutture, è improbabile che tali diritti vengano effettivamente rispettati.

I centri di detenzione previsti dall’accordo avrebbero dovuto essere operativi entro la primavera del 2024, tuttavia, a seguito di critiche a più voci che evidenziavano l’incostituzionalità di tale decisione,  il Governo è tornato sui propri passi presentando il disegno di legge di ratifica alla Camera dei deputati, la stessa cosa è accaduta per il governo albanese. Il 29 gennaio la Corte costituzionale albanese ha dichiarato la natura costituzionale dell’accordo, dando il via libera alla sua ratifica da parte del parlamento albanese. La Corte ha infatti ritenuto che il protocollo non compromette l’integrità del territorio della Repubblica d’Albania e non impone restrizioni aggiuntive ai diritti e alle libertà umane esistenti, al di là di quanto previsto dall’ordinamento giuridico albanese.

Sia il Protocollo che il successivo disegno di legge di ratifica segnano indubbiamente una regressione nel rispetto e nella garanzia dei diritti delle persone che saranno interessate dall’applicazione del protocollo ed inoltre entrambe le corti si sono poste dei dubbi che però hanno superficialmente superato.

Ovviamente questi non sono i primi accordi per l’immigrazione ma in precedenza ne abbiamo individuato altri che hanno riscontrato le stesse dinamiche come l’accordo UE-Turchia firmato nel 2016, questo accordo mirava a frenare il flusso di migranti verso l’Europa attraverso la Turchia in cambio di aiuti finanziari e altri incentivi per Ankara. Tuttavia, l’accordo è stato criticato da diverse organizzazioni per i diritti umani per il trattamento dei migranti, compresi problemi riguardanti l’accesso alle richieste di asilo e le condizioni nei centri di detenzione.

Sembrerebbe evidente che questo nuovo approccio alla gestione dei migranti al di fuori dei confini nazionali comporterà un peggioramento delle condizioni di detenzione per coloro che raggiungono l’Albania. Questo potrebbe condurre a risultati simili a quelli osservati nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR), dove le garanzie costituzionali vengono spesso trascurate e i diritti umani fondamentali sono regolarmente violati. Questa situazione è ulteriormente aggravata dalla mancanza di chiarezza della nuova normativa, dalla distanza geografica e dalla conseguente minore possibilità di controllo da parte della società civile sul trattamento dei migranti detenuti.

FONTI:

  • internazionale.it
  • emergency.it
  • governo.it
  • asgi.it