I VIDEOGIOCHI SONO ARTE (?)

Playstation, Xbox, PC, Nintendo, smartphone…Parole che portano i nervi dei genitori a fior di pelle ripensando a quanto queste piattaforme siano diventate famose e attirino i loro figli. Ma questo cosa indica? Quando accendiamo una console e inseriamo un gioco, siamo davanti ad una macchina diabolica progettata per spillare soldi dai portafogli degli adulti nel tentativo di accontentare i pargoli, o ci potrebbe capitare addirittura di osservare nello schermo una nuova forma di opera d’arte?


Per tranquillizzare tutti fin dal primo istante, precisiamo che i videogiochi non sono oggetti comparsi da poco sulla scena: i primi tentativi risalgono al 1961, praticamente la preistoria per i tempi della tecnologia.

Anche sugli effetti e sui condizionamenti di questi prodotti sui gamers di ogni età si potrebbe aprire una parentesi enorme, ma limitiamoci all’aspetto artistico senza entrare in campi dove è troppo facile sbagliare e creare preoccupazioni inutili. Basti sapere che ad oggi l’industria dei videogiochi smuove decine di miliardi di dollari e conta su centinaia di milioni di clienti.

       

Da Pong, uno dei primissimi videogiochi che si possano ricordare….                                     …Ai paesaggi di Red Dead Redemption 2, una delle attuali punte di diamante

Ma che cosa serve ad un videogioco per essere definito “arte”? Come possiamo far sapere ad Apollo che alle Muse della poesia, della musica e delle altre arti è arrivato li momento di inserire anche il mondo videoludico?

Proviamo a concentrarci sugli aspetti che compongono un videogioco, facendo anche un po’ di luce su questa realtà.


 

 

Grand Theft Auto V. La gigantesca mappa di gioco si basa su una versione modificata (ma con numerose parti fedelmente riprodotte) di Los Angeles.

L’universo di un gamer è fatto di decine di galassie, ognuna piena di videogiochi con caratteristiche simili (sparatutto, cooperativi, di avventura, di ruolo…), eppure l’elemento comune a tutti è sicuramente l’impatto visivo: la grafica.

Le console e i PC possono oggi vantare una potenza di calcolo stratosferica, e aziende come Nvidia hanno reso disponibili schede per computer che hanno portato il realismo delle immagini ad un nuovo livello. Tra scenari, personaggi, città, ambienti, fino ai minimi dettagli i pixel sono diventati a buon titolo il nuovo “olio su tela”. Ogni paesaggio immaginabile è rintracciabile nei videogiochi, dalle foreste sperdute del Sud America alle metropoli degli Stati Uniti alle vastità dell’Oceano fino a decollare immaginando interi universi fatti da miliardi di pianeti fantascientifici. Ci si può immergere nel polveroso West e vivere da bandito nelle terre strappate agli indiani, oppure acquistare una nuova astronave e decollare alla volta di un nuovo sistema solare, o ancora rubare una macchina da corsa e fare irruzione in una base militare super controllata (con la speranza di non essere crivellati).

Come non citare poi l’esperienza del VR, che nata da pochissimi anni sta permettendo ai giocatori di entrare letteralmente all’interno del mondo che hanno sempre visto solo da uno schermo, usando visori e controller appositi.

 

Ora che l’arte della pittura sembra essersi legata al mondo videoludico, passiamo ad un altro aspetto che rende grande un videogioco: la musica.

Compositori, editori, in alcuni casi orchestre apposite: le colonne sonore dei videogiochi sono tra gli aspetti più curati e senza dubbio tra i più accattivanti per i compratori. Il potere della musica è noto al mondo da millenni, esso evoca sentimenti e ricordi che legano profondamente una persona ad un brano, e questo accade anche nei videogiochi. Impossibile non trovare un ragazzo che non sorrida al ricordo del Super Mario a cui giocava da piccolo, a quelle musiche che contraddistinguono ogni livello, all’atmosfera tesa che si creava nel momento del combattimento e alla melodia piacevole dei momenti di viaggio da un luogo all’altro. E perché non ricorrere proprio alla musica già in commercio, quella che è già entrata nelle case di milioni di persone come forma d’arte (basti pensare ai giochi di auto come GTA che offrono diverse stazioni radio da ascoltare al volante come nella realtà riproponendo brani famosi, tra cui una traccia dei Queen).

 

Per aggiungere la ciliegina sulla torta, inseriamo una terza caratteristica fondamentale in molti (ma non tutti) i videogiochi: la figlia della letteratura e del cinema: la trama.

A fianco di compositori, designer, programmatori, editori, produttori vari infatti troviamo anche schiere di autori e sceneggiatori, con l’arduo compito di creare una storia con dei personaggi analizzati profondamente nella loro psicologia in mezzo ai quali il giocatore si muova per ore senza mai dare un senso di ripetitività. Qui si creano diverse opzioni, dato che un gioco può essere fortemente “story-driven”, cioè indirizzato in modo preciso dagli sviluppatori, oppure completamente a briglie sciolte, lasciando al gamer la possibilità di fare ed essere ciò che vuole. E’ il caso di Minecraft, dove meccaniche e grafica semplici lasciano spazio alla fantasia di ognuno per dar vita alle costruzioni più incredibili che si siano mai viste (pregio che ha portato il titolo ad essere il secondo gioco più venduto della storia).

Vi sono poi tutte le sfumature, in cui la storia può variare in base alle decisioni del giocatore, in cui l’incontro con un personaggio può avviare un percorso totalmente inaspettato: in generale comunque ogni gioco ha qualcosa da raccontare, nascosto in messaggi all’interno del mondo o ben evidenti nello scorrere della trama.

 

Avventure grafiche come What Remains of Edith Finch guidano il giocatore lungo una storia misteriosa…

Giochi sandbox come il celebre Minecraft invece lasciano che sia il giocatore a costruirsi letteralmente la propria realtà

 


Tirare le somme non è cosa da poco, però un tale intreccio di lavori diversi e di forme d’arte che da secoli sono acclamate e ricercate in tutto il globo non può che far nascere un certo apprezzamento per questo universo virtuale.

Certo, non tutti i titoli sono progettati così bene da concentrare tutte queste caratteristiche (come del resto nessuno pretendeva che la Firenze del Quattrocento fosse popolata esclusivamente da artisti del calibro di Brunelleschi). Errare è possibile e la presenza di una miriade di piccoli sviluppatori che realizzano le loro opere nel garage di casa aumenta le probabilità. Si tratta del cosiddetto genere Indie, ovvero indipendente dalle grandi case di sviluppo e dalle aziende miliardarie come Sony o Microsoft, che non tiene conto nemmeno dell’importanza del marketing e del lato commerciale, che spesso e volentieri soffoca alcune idee in favore di trovate più tecniche che artistiche mirate ad aggiungere zeri al bilancio della propria azienda. Tra l’altro questo è il caso dei giochi “battle-royale” come Fortnite, disponibili gratuitamente per attingere ad un enorme bacino di utenza ma con piccoli miglioramenti e completamenti a pagamento per offrire vantaggi e look migliori ai propri personaggi (ricordiamo anche Supercell, casa che con il gioco gratuito Clash of Clans riuscì a governare la classifica delle app con maggior incassi fino a pochi anni fa).

 

 

Le grandi aziende del settore, autori di console come Playstation e XBox, ma anche di giochi come il celeberrimo SuperMario


Il videogioco può essere definito una nuova forma d’arte a tutti gli effetti, al pari della cinematografia e della video-art già universalmente accettati: il grande problema sta nel muro che la generazione precedente all’esplosione del videogame costruisce con la nuova: la scarsità di informazioni al riguardo non permette al mondo degli adulti di conoscere questo universo e finché i media principali disegneranno la figura del videogame come prodotto istigatore di violenza e assegneranno al gaming termini più vicini alla patologia che alla passione, il futuro sarà sempre nascosto da quel muro di cemento armato.

Futuro in cui non si potrà non vedere i “grandi” interessarsi ed apprezzare il mondo virtuale e videoludico.

Futuro in cui possiamo catapultarci partendo da gesti semplici, come creare un dialogo tra adulto e ragazzo e quando si ha tempo assistere a qualche partita, o perché no cimentarsi in una propria esperienza, godendosi lo scenario immersivo creato dai grafici, appassionandosi alla colonna sonora del titolo e scoprendo i dettagli della trama che gli sceneggiatori hanno costruito.