Il popolo della notte

 

Ordinanza anti coronavirus: chiuse le discoteche, obbligo di mascherina  nella movida - Gazzetta di Mantova Mantova

Per tutta la fase 1, la fase 2 e gli inizi della fase 3, gli italiani sono stati privati di un diritto a cui, di solito, non tutti sono disposti a rinunciare: andare a ballare in discoteca. Tra giugno e luglio, sembrava che la vita dei giovani girasse solamente intorno alla possibilità di tornare a divertirsi nei locali. Inizialmente non si sapeva se ci si potesse andare, però. Poi, si poteva ballare? Si doveva solo ascoltare la musica stando fermi? I locali sarebbero rimasti aperti tutta la notte? Sarebbero state distribuite bevande?  Le grandi domande che turbavano i giovani erano queste, e non se fosse così importante riaprire tutti i cinema e i locali, se si era in grado di mantenere il distanziamento o se non se ne potesse fare a meno. La razionalità è stata bypassata dal fatto che bisognava tener conto della voglia di ripartire, del riscatto, della volontà di tornare alla normalità, sia dalla maggior parte dei giovani, sia dallo Stato. Le aggregazioni di massa sono state devastanti per i dati epidemiologici, in quanto impossibili da gestire. Di ciò ce ne siamo ricordati solamente quando i contagi fra i giovani erano già in crescita.

Il Consiglio dei Ministri, inizialmente, aveva indicato il 15 giugno come data per la riapertura delle discoteche, ma poi furono le singole regioni a decidere se fornire i propri cittadini di questo immancabile servizio o meno. Di conseguenza esse si mossero in ordine sparso: Toscana, Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, aprirono le discoteche all’aperto, Lazio e Campania solo come sale da ascolto, quindi con il divieto di ballare.

Nel periodo di riapertura, di ritorno al divertimento a gruppi, oltre che un aumento di contagi fra i giovani, ci furono anche vari scontri tra il governo e le regioni. Le prime volevano a tutti i costi garantire il servizio e tenere le discoteche aperte, chiedendo, visto che le distanze e le norme all’interno dei locali non venivano garantite praticamente da nessuna parte, maggiori controlli da parte del governo, sottraendosi in qualche modo a una parte della responsabilità di ciò che accadeva all’interno degli spazi. Per un periodo si trovò un equilibrio, ma a quale prezzo?

I gestori delle discoteche furono pronti ad aumentare la distanza di sicurezza tra le persone, prevedendo un metro quadrato per ciascuno, predisponendo la misurazione della temperatura all’ingresso con i termo scanner, facendo entrare i clienti con la prenotazione in modo da ridurre assembramenti all’interno e code all’esterno e cercando sempre di limitare gli accessi, per quanto possibile. Era interesse dei gestori fare di tutto pur di aprire le proprie attività.

Nonostante questi sforzi e le disposizioni del governo, le discoteche non riuscirono a rimanere aperte per più di un mese, anzi, in alcune città non aprirono proprio… è forse stata colpa delle decisioni del governo? Dell’irresponsabilità dei ragazzi? Delle infinite mascherine non indossate? Rovinano così tanto l’outfit?

 

 

 

Note:

 

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