L’inettitudine e gli anelli di Saturno

Chi di psicoanalisi si intende considera inetto colui che, incapace di realizzare un progetto nella propria vita, trascende la realtà, rifugiandosi dietro una dimensione immaginaria, perfetta, nella quale è lui stesso l’eroe protagonista.
Come la magia della fiaba trasporta l’ingenua mente di un bambino in una foresta incantata, così l’inetto, con la medesima inconsapevolezza emigra nel mondo prefigurato a propria immagine, offuscando la presenza con quello reale.
Non cosi diverso è poi il sogno, trascurando l’incubo: teatro delle più grandi paure; in cui opera l’inconscio mostrando i più ambiti desideri avverati.

La finzione è un sogno, perfetto, utopia della migliore realizzazione di sé stessi, nel quale si è chi si ambisce essere. È il luogo dove ogni legge funziona al contrario, sede del ribaltamento del proprio io, della personalità.
Utilizzare una maschera, una bugia è la strategia dell’inetto per apparire diverso, migliore, che lo condurrà a  reiterare in eterno la sfida con se stesso.  Egli, pienamente consapevole dei propri limiti, dovuti al mancato superamento del complesso edipico, persuade gli altri per tentare di ingannarsi di fronte alle proprie incapacità.
Noi, l’umanità, ci troviamo in un imponente e paurosamente infinito universo, in bilico, come un funambolo, tra realtà e finzione: due pianeti diversi, lontani e autonomi, ma destinati inevitabilmente ad incontrarsi.
Quando quest’ultimo, immaginario, entra nell’orbita del primo deve trovare il modo di interagirvi senza rivelare la propria inconsistente essenza. L’unico mezzo di cui si avvale sono gli affascinanti, attraenti anelli che, come per Saturno, ruotano attorno: le avvincenti e lusinghiere e ipocrite parole della menzogna.
Lo scudo porta ad apparire migliori, più virtuosi, ad accrescere gli anelli.
L’operazione inversa risulterà sempre più difficile, maggiormente essi saranno rigogliosi e seducenti.
Si giungerà ad un punto in cui, ma ciò non sempre accade, avendo gli anelli ricoperto il pianeta a tal punto da non riuscire più a scorgerlo, si cadrà nella contraddizione della bugia, che li porterà alla frantumazione ed alla conseguente rivelazione della reale essenza.
C’è una possibilità, remota ma pur sempre esistente, che ciò non accada, che il pianeta giunga alla fine della propria esistenza adornato e addobbato da milioni di anelli. Eppure, ha sempre vissuto privato dell’ossigeno da quegli stessi elementi che avevano permesso e agevolato la sua sopravvivenza.
In prossimità della fine, si porrà forse qualche dubbio: non avrebbe potuto vivere più liberamente, felice e spensierato in assenza di quegli elementi, se non avesse per anni cercato di emulare qualcuno che non rispecchiava se stesso?
Ognuno dovrebbe imparare ad accettarsi per come è, per le caratteristiche che possiede e trovare il modo migliore per svilupparle, sfruttando ogni mezzo, ma senza distorcere la personalità.
Quante persone, come quell’ingenuo pianeta, non essendo in grado di effettuare scelte critiche e consapevoli, non avendo la forza di abbandonare l’accogliente nido dell’ ipocrisia, per paura del vuoto e mancanza di intraprendenza, sono finite soffocate da tantissimi anelli?
L’umanità intera, o buona parte può riconoscersi in quel prototipo di persona che gli psicologi definiscono inetto. È inettitudine l’incapacità di riuscire a realizzarsi nella vita, appagando le proprie ambizioni.
Sicuramente ha origine nell’indecisione, incapacità di effettuare una scelta, giusta o sbagliata che sia. È sintomo di negligenza, quel peccato che Dante colloca alle porte dell’inferno, le cui anime, non essendo riuscite a perseguire degli ideali nel corso della vita, sono condannate ad inseguire  una insegna, un panno errante, in eterno.
Sarebbe allora il momento, per tutti quanti, di esaminare la propria coscienza, per domandarle chi siamo e capire in che misura assomigliamo a quell’ingenuo pianeta.