Un minuto per l’ipocrisia

Il 13 Novembre 2015 Parigi, la città dell’amore, è sede di attacchi terroristici.
Tante vittime, 130. Tanti feriti, più di 300. La paura e la disperazione sono grandi, albergano tra i cittadini francesi, ma anche nei territori limitrofi si comincia a sentire un vento tagliente di irrequietezza. Questa volta, così come per l’attentato a Charlie Hebdo del gennaio scorso, è successo vicino a noi e nell’Europa civile non ci si aspetta che episodi del genere si verifichino.
Però, quando le stragi succedono in Siria, in Palestina, nelle remote e dimenticate zone dell’Africa , dove 130 vittime sono la media giornaliera, che la causa sia la fame o una bomba, ci sembra di guardare un film alla televisione, un film assai realistico, produzione di un regista dalle eccellenti doti e con attori straordinari che si giocano la vita, ma appena il sipario del telegiornale si chiude, la nostra mente non se ne preoccupa più.

Finché non succede vicino a noi ce ne laviamo le mani con un “capita, mi dispiace”, ma quando poi il tornado si abbatte anche su di noi abbiamo un così grande spirito di solidarietà che arriviamo addirittura a condividere un hashtag su Twitter e a cambiare l’immagine della foto profilo su Facebook, diventiamo improvvisamente partecipi del dolore di tutti, ne sentiamo l’entità, soffriamo, ma non sia mai che scendiamo in piazza per protestare, non sia mai che ci sia un gesto concreto di solidarietà. Perché la verità è che Internet protegge tutti, la libertà d’opinione è stata concessa tempo fa e ognuno è libero di esprimere ciò che pensa: ecco che basta condividere una matita o il simbolo della pace con la torre Eiffel dentro, commentando #jesuischarlie o #jesuisparis. Caro/a mio/a, non sei Charlie, non sei Parigi, sei solo uno spettatore che sotto sotto si ritiene fortunato che le vicende non siano successe sotto casa sua, che grida alla pace approvando però i politici che vorrebbero ripagare la violenza con la violenza, come se la violenza di ritorno fosse giustificata. La legge del taglione esisteva ai tempi di Hammurabi, è stata superata da tempo dalla nostra grande donna, l’Europa civile.
La grandissima ipocrisia è che quando succedono attentati e stragi, l’essere umano, questa perfetta macchina, va un po’ in cortocircuito, arrogandosi diritti che non gli spettano, pensando di poter pretendere scuse da persone che condividono per esempio la religione di coloro che sono definiti gli attentatori. La religione così come il colore della pelle, o la nazionalità.
Allora mi trovo in dovere di chiedere scusa anche io, in quanto persona dalla carnagione chiara, in quanto cittadina Europea.
Chiedo scusa anche io per le Crociate, chiedo scusa per l’Inquisizione, chiedo scusa anche per il Colonialismo, chiedo scusa per Nazismo e Fascismo, chiedo scusa per le due guerre mondiali, chiedo scusa per l’inestimabile numero di vite che Spagnoli, Portoghesi, Francesi, Inglesi e Italiani hanno tolto in nome della supremazia bianca, in nome delle conquiste territoriali, chiedo scusa per tutti coloro che la Chiesa, nonostante ami i figli di Dio, ha mandato al rogo perché ritenuti detentori di poteri magici, omosessuali, transgender ( perché lo diceva la Bibbia, dove tra l’altro si tratta di serpenti parlanti e vergini incinte).
Ancora, chiedo scusa per tutte quelle persone che sono morte in mare solo perché alla ricerca di una vita migliore, chiedo scusa per tutti coloro che chiedono di chiudere i confini perché il loro territorio è ritenuto essere un paradiso dove gli infedeli non sono degni di entrare.
Perché se ogni musulmano dovesse sentirsi in colpa e scusarsi per lo spargimento di sangue causato da altri che usano la religione solo ed esclusivamente come pretesto per espansioni territoriali o motivi economici (non che mi suoni nuovo, però, come concetto.) allora chiedo venia per ogni persona uccisa, discriminata, insultata, violentata dagli Europei, dai “bianchi”, dai cattolici, dalle popolazioni civili ed intellettuali, anche se non sono d’accordo con ciò che è successo, anche se non ne condivido i motivi, anche se la colpa non è mia.
La differenza però è che io ho un determinato colore di pelle e una determinata provenienza e nessuno chiede a me di domandare scusa.
Se il minuto di silenzio va fatto ogni qualvolta che il mondo viene colpito da una disgrazia, dovremmo essere perennemente in piedi, ma l’ipocrisia dell’uomo fa sì che alcune disgrazie siano meno importanti di altre, e che alcune vite contino meno di altre.
Un applauso al genere umano, signori, un grande applauso.