Niente di nuovo sul fronte orientale

Dal febbraio 2022 sono passati ormai due anni, due anni dall’inizio dei bombardamenti di Putin contro l’Ucraina di Zelensky, dieci anni dall’inizio dei bombardamenti ucraini sulle regioni russofone del Donbass e dall’annessione della Crimea.

Dopo oltre dieci anni di operazioni militari, massacri e devastazioni, sembra che da parte di entrambe le fazioni non ci sia alcuna volontà di cessare la guerra e di stipulare la pace. In realtà, questo conflitto è molto più complesso di quanto sembri; infatti, Putin non ha deciso dal nulla di bombardare l’Ucraina. Si tratta di una situazione di instabilità che risale allo scioglimento dell’Unione Sovietica.

Nel 2014 ci furono i primi scontri per il controllo dei territori della Crimea, abitata per il 70% da Russi, e delle regioni del Donbass, che chiedevano l’autonomia da Kiev, ma solo nel 2022 si arrivò all’invasione da parte delle truppe di Mosca. Fin dai primi giorni di guerra, le potenze mondiali si divisero in tre fazioni: gli alleati di Zelensky, gli alleati di Putin e i neutrali. La NATO, che già dal 2014 preparava e sosteneva l’esercito ucraino, si schierò con gli aggrediti, inviando armi e munizioni quando le risorse dell’esercito ucraino iniziarono a scarseggiare. In totale sono stati spesi 160 miliardi di dollari in aiuti militari che sono destinati ad aumentare, poiché, nonostante le cifre enormi, l’Ucraina chiede ulteriori aiuti militari e, notizia di oggi, missili a lunga gittata per bombardare la Crimea.

Si è provato a chiedere a Putin di cessare il fuoco e di sedersi a un tavolo per discutere, ma tutto è stato inutile. Nel primo mese di guerra si era parlato di un accordo di pace con la mediazione della Turchia e di Israele, ma ora Putin non vuole smettere finché non otterrà ciò che vuole. Se Putin non sembra predisposto ad una soluzione pacifica, l’Occidente non è da meno; infatti, alti esponenti della NATO e dell’Unione Europea sostengono che l’unica soluzione possibile è la “vittoria” militare su Putin, che gli europei devono prepararsi alla guerra e minacciano l’invio di truppe sul campo, anche a rischio di una guerra nucleare; inoltre sono state diffuse in grande quantità fake news per giustificare la guerra.

Ad oggi, sono morti oltre 190.000 uomini e circa 290.000 sono fuori combattimento in soli 24 mesi di conflitto. L’esercito ucraino, tra morti e feriti, sta riscontrando più difficoltà rispetto a quello russo, perché è meno numeroso. La mancanza di soldati ha costretto il governo ucraino a richiamare in patria per combattere tutti coloro che sono scappati dall’imminente guerra e a chiedere anche soldati agli alleati.

Perciò alcuni rappresentanti degli Stati europei hanno preso in considerazione, come dicevamo, l’opzione di inviare uomini a combattere, senza considerare il desiderio di pace della stragrande maggioranza dei loro cittadini: in Italia il 65% della popolazione è persino contraria all’invio di armi all’Ucraina e l’80% non vuole una guerra contro la Russia. La guerra, come sempre, è un’opzione che piace a pochi, voluta da pochissimi per i loro sporchi interessi (Industria delle armi) e sostenuta da una pletora di pennivendoli e leoni da salotto – giornalisti, opinionisti e presunti esperti di geopolitica – sicuri di non andare al fronte, ma che i tanti si ritrovano a pagare sulla pelle propria e dei figli. Probabilmente, se una legge obbligasse chi vuole o dichiara una guerra ad alzarsi dal divano e a darsi da fare per sconfiggere il nemico sul campo, arruolandosi volontario, la pace nel mondo non sarebbe più un’utopia.

La follia e l’incoscienza di certe dichiarazioni, da parte di chi in teoria dovrebbe pensare innanzitutto al benessere dei popoli, si misura col fatto che l’invio di soldati significherebbe dichiarare apertamente guerra alla Russia e quindi portare il conflitto su scala mondiale. Una guerra mondiale non ci metterebbe molto a diventare una guerra nucleare, un fenomeno che l’umanità non ha ancora vissuto e del quale non si conoscono ancora pienamente le conseguenze.

Questo conflitto è ancora in una fase di stallo, ma si tratta evidentemente di una guerra per procura sulla pelle (al momento) degli Ucraini. Da una parte, Putin non si fermerà finché non raggiungerà i suoi obiettivi, ma dall’altra parte gli USA, che a essere generosi non hanno fatto nulla per evitare la guerra, farebbero di tutto per indebolire la Russia e rimanere la prima potenza mondiale. I politici europei, se hanno a cuore il futuro dei loro concittadini, dovrebbero ergersi sopra le parti e ricordarsi che l’Europa è nata come progetto di pace, per dare vita ad una seria azione diplomatica. L’invio di altre armi, sempre più potenti, corrisponderebbero ad altre migliaia di giovani, ucraini e russi (per il momento), sacrificati a deliri di potenza e di onnipotenza. Ascoltiamo le parole del Papa, non arrendiamoci all’indifferenza o ai mercanti di morte: se la pace rimane un’utopia, la guerra non è certamente la soluzione.