ABOLITA LA COSTITUZIONE: VIETATO PARLARE DI PACE!

“La prima vittima di ogni guerra è la verità”! Questa affermazione è stata ripresa da molti scrittori e giornalisti al fronte, che denunciano la propaganda e le fake news che nutrono un conflitto. L’assassinio della verità inizia ben prima della guerra, serve da secoli a preparare il terreno delle ostilità e a giustificarne le “nobili” ragioni, che si tratti di riportare a casa Elena, la moglie di Menelao rapita dal principe troiano Paride, o di recuperare un territorio o di soccorrere un popolo oppresso. La propaganda di guerra è un’arma in uso sin dall’antichità, ma ovviamente la società odierna ha amplificato il ricorso alle falsità e alle distorsioni. L’informazione o meglio la comunicazione non è più un classico strumento della guerra, ma è diventata essa stessa una guerra.

Ai tempi nostri, chi detiene il potere sulle informazioni ha il potere e il controllo sulla realtà e quindi riesce a controllare le masse a proprio piacimento. Ed è a questo scopo che la verità viene distorta a seconda del narratore e in una guerra si trasforma in due versioni diverse della stessa propaganda. Lo abbiamo visto durante la Prima guerra mondiale, come spiegatoci dallo storico Marc Bloch, in cui la Gran Bretagna, facendo pressione sui cittadini americani, convinse gli USA a intervenire in una guerra in un altro continente. Anche la Seconda guerra mondiale è scaturita da una verità distorta, come il fasullo attacco dei polacchi verso una postazione tedesca. La guerra fredda è l’esempio perfetto di conflitto basato sull’informazione: fu combattuta attraverso la propaganda, l’influenza culturale, la manipolazione dell’informazione e le spie.

Nel XXI secolo le cose non sono cambiate, anzi sono peggiorante e anche di molto con la diffusione dei media che raggiungono la totalità delle persone. Attualmente, il 60% della popolazione mondiale è collegata a internet e si stima che verso fine del decennio arriverà al 100%. Per questo motivo un altro modo usato da alcuni Paesi per censurare la verità è bloccare l’uso di Internet. Inoltre, gli algoritmi, che stanno dietro i social, possono essere costruiti per indurre le persone a credere a ciò che vuole il manipolatore. Gli USA, in particolare, hanno mostrato la potenza dell’information dominance, grazie al loro predominio nei settori del cinema, dei media, nell’editoria e anche nella scienza, con università e premi Nobel.

Uno dei primi teatri di battaglia diventa il campo dell’informazione, dove la verità è contesa, distorta e talvolta completamente soppressa. I governi impongono censure, i media vengono controllati e gli attivisti rischiano la vita per portare alla luce fatti nascosti (non solo in dittature come Russia-Turchia-Egitto-Cina, sappiamo infatti che la CIA progettava di assassinare Assange). La distinzione tra ciò che è reale e ciò che è manipolato diventa sempre più sfocata, e le masse sono costrette a navigare in un mare di disinformazione. Si può vedere in Russia, dove è vietato parlare di guerra (chi lo fa si becca 15 anni di galera) o in Italia, dove è vietato parlare di pace (chi lo fa finisce alla gogna, linciato e lapidato in televisione o inserito in liste di proscrizione dai grandi giornali mainstream, addidato come nemico dell’Occidente). Perciò la stampa italiana ha perso ogni credibilità, perché sono state abolite tutte le basi del discorso pubblico di una democrazia evoluta.

Abbiamo abolito la Costituzione – scrive Marco Travaglio nel suo libro “Scemi di Guerra” – che all’articolo 11 “ripudia la guerra come strumento di offesa agli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Siccome poi aggiunge che “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”, i bellicisti l’hanno rigirata per attribuire ai Padri costituenti l’intenzione di autorizzare, anzi di imporre invii di armi a Paesi in guerra purché “aggrediti”. Abbiamo abolito il dovere di cronaca e anche la deontologia professionale dei giornalisti. Nei primi mesi di guerra, mentre l’armata russa occupava oltre un sesto dell’Ucraina, i nostri giornali descrivevano l’avanzata di Mosca come un rosario di disfatte militari inflitte dall’invincibile armata ucraino-occidentale, ribaltando di 180 gradi la realtà della (tristissima) situazione sul campo di battaglia. Tutte le notizie diffuse da Kiev vengono prese per oro colato, tutte quelle targate Mosca bollate come fake news, anche se spesso si scopre l’opposto. Papa Francesco attacca la Nato per aver “abbaiato alle porte della Russia”, denunciando le responsabilità da entrambe le parti, critica l’Europa per l’aumento delle spese militari al 2% del Pil e viene censurato da Tg1, Corriere della Sera e Repubblica, o delegittimato quando invoca un sano realismo e il coraggio della “bandiera bianca della diplomazia”.

La propaganda non è legata solo ai tempi di guerra, ma viene insinuata nella popolazione già da prima. I regimi autoritari o fondamentalisti spesso cercano di manipolare l’educazione per promuovere la propria ideologia e giustificare le proprie azioni. Gli studenti possono essere soggetti a indottrinamento e propaganda attraverso libri di testo, programmi educativi e discorsi ufficiali che distorcono la realtà e promuovono una visione unilaterale del mondo. In molti sistemi educativi, manca un’educazione civica completa e l’insegnamento del pensiero critico. Senza una comprensione approfondita dei principi democratici, dei diritti umani e delle responsabilità civiche, le persone possono essere più suscettibili alla manipolazione e alla propaganda.

In conclusione, “La prima vittima di ogni guerra è la verità” rimane un monito costante intorno alle conseguenze devastanti della manipolazione e della distorsione. È solo abbracciando la verità, anche quando è scomoda, che possiamo sperare di costruire un mondo basato sulla giustizia e sulla pace; ma per farlo dobbiamo riconoscere la propaganda di guerra e gli interessi economici che la alimentano (in Occidente come in Russia), non cadere nella tentazione – letale per una democrazia – di demonizzare il pensiero diverso da quello dominante, inventando una nuova caccia alle streghe contro presunti “putiniani” nelle redazioni, negli studi televisivi e sui social: è di questi giorni la proposta di un DDL in tal senso del senatore Borghi (Italia Viva) che vuole creare un ente che vigili su “attività di ingerenza della propaganda di Mosca”.

Per fortuna, Individui coraggiosi, giornalisti intraprendenti, storici e attivisti tenaci continuano a lottare per portare alla luce le verità nascoste dalla propaganda di guerra. Attraverso il giornalismo investigativo, la documentazione accurata e la pluralità dell’informazione, la verità può emergere, anche se a fatica. In un mondo dove la verità è spesso una vittima sacrificale, è compito di ognuno di noi restare vigile: dobbiamo resistere alla tentazione del pensiero unico, che è la vera disinformazione, esigere trasparenza e sfidare le narrazioni predeterminate. Solo così possiamo sperare di porre fine al ciclo di violenza, menzogna e ingiustizia che accompagna ogni guerra.