Non sono come tu mi vuoi

“L’autismo e la società”.  Ogni genitore sogna un figlio sano e con le più svariate capacità e attitudini.  In ogni culla, tra tutine colorate e carillon della ninna nanna, ciascun bambino riceve come corredo anche le aspettative dei propri genitori e delle persone che gli stanno intorno. Per i genitori apprendere che il loro figlio è autistico è traumatico e doloroso, rappresenta la perdita del bambino “normale” che avrebbero dovuto avere.

Quando una famiglia comprende di essere difronte ad un bambino autistico deve innanzitutto comprendere che non ha una malattia e non potrà guarire ma che bisogna intraprendere un percorso impegnativo che richiede più amore, più forza e coraggio di quello che aveva preventivato, deve lottare per lui ed apprezzare il nuovo mondo che gli farà esplorare. L’autismo non è qualcosa che una persona ha, o una bolla dentro cui un individuo è intrappolato, ma è un modo di essere.

I disturbi dello spettro autistico compromettono la capacità di comunicare e di interagire col mondo esterno e con le persone circostanti e sta a noi “persone normali” superare il “loro” apparente isolamento sociale ed affettivo con più attenzione e consapevolezza.

L’essere affetto da autismo ad “alto funzionamento” implica un quoziente intellettivo assolutamente normale e una volta compresa questa “diversa originalità” e le apparenti “stranezze”, la loro vita può scorrere via regalandoci talvolta dei talenti unici e irripetibili, come Wolfgang Amadeus Mozart, Steve jobs, Alfred Hitchcock, Vincent Van Gogh e Isaac Newton. Si suppone che questi uomini, dalle capacità eccezionali, fossero affetti da tale sindrome e tuttavia, pur avendo avuto grandi problemi nel gestire i rapporti sociali, erano dotati di un’intelligenza superiore alla media e la loro capacità di essere estremamente sistematici e di applicarsi in modo molto focalizzato ha fatto sì che il loro talento sia stato elevato alla massima potenza, regalandoci un patrimonio inestimabile.

L’autismo in senso stretto invece comporta generalmente un quoziente intellettivo più basso della media e una oggettiva difficoltà quasi invalidante a gestire una vita normale ed autonoma. In questo caso le difficoltà che si incontrano sono molte, le famiglie devono affrontare con grande amore una quotidianità complessa, che si scontra con le inadeguatezze delle strutture socio-sanitarie di sostegno e, soprattutto, col pregiudizio, con lo scherno, se non addirittura con atti di vero e proprio bullismo.

Le persone autistiche hanno bisogno che chi gli sta intorno provi ad osservare il mondo con i loro occhi, perché differente è il loro modo di comunicare, di ragionare e di pensare, cercando di entrare con loro in una sintonia virtuosa fatta di scambio reciproco, di conoscenza e di amicizia. Come ci dice la scrittrice Hilde De Clercq “è difficile spiegare i disturbi autistici alla società perché tra gli handicap sono i più invisibili, non si leggono in faccia come ad un bambino con la sindrome di Down, o non si comprendono le limitazioni come quando si vede una persona su una sedia a rotelle”. La sfida per la società è comprendere che essi ragionano in modo diverso e che nessuno può decidere cosa è normale e cosa non lo è, ma sicuramente tutti noi dobbiamo essere più sensibili verso le persone più vulnerabili.