Panta (non) Rei

Questo editoriale è un appuntamento diventato ormai storico per il Farò del Mio
Peggio News
: in questa occasione il Presidente dell’Associazione che tiene in vita il
giornale – cioè chi vi scrive ora – dovrebbe delineare un quadro della situazione
attuale e lasciare qualche nota di ottimismo e di nuovo slancio per la redazione che di
solito si forma proprio in queste settimane. Ecco, stavolta chi vi scrive di ottimismo
ne ha ben poco. Per lo più potrebbe elargire un po’ di rabbia, ma non è
quello di cui abbiamo bisogno. Possiamo però sfruttare questa rabbia, che è più
diffusa di quanto immaginiamo, per scatenare un po’ di movimento. Perchè il
problema più grande di cui mi sento di parlarvi è questo: siamo fermi. Panta Non Rei,
il Tutto ha smesso di scorrere.


Quello che ci è capitato dal 2020 ad oggi (nell’ordine: una pandemia che ci ha
costretto ad un lockdown di diversi mesi, 2 anni di didattica a distanza come forma
ordinaria di vita scolastica, la guerra d’invasione della Russia contro un Paese,
l’Ucraina, che abbiamo scoperto essere molto più vicino di quello che pensavamo) ha
inceppato il nostro rapporto con “lo scorrere delle cose”. Il risultato è che ci sentiamo
fermi di fronte alla realtà che invece continua a correre
. Parola di un universitario,
nemmeno più matricola del primo anno, che ogni tanto si ritrova ancora confuso a
pensare “Che accidenti ci faccio a 300 chilometri da Savona?”. Tutto questo è
semplicemente il racconto impreciso di quello che tonnellate di studi scientifici
definiscono come l’impatto psicologico della pandemia (e ora della guerra).
Sentirsi spaesati è normale, specialmente se questa situazione così strana capita in
certi anni particolari, quelli dei grandi passaggi: il primo anno di Liceo, o magari
l’inizio dell’ultimo, l’avvicinarsi dei propri 18 anni, l’orizzonte dell’università che si fa
sempre più vicino…Insomma di motivi per sentire il peso dell’incertezza gravarci
sulle spalle ne abbiamo parecchi.
Ma allora che si può fare per non finire col farci scivolare addosso le cose che ci
capitano senza sentirle per davvero, senza percepire che noi siamo davvero parte di
tutto quello che vediamo scorrere? La scuola in realtà possiede un buon numero di
risposte a questa domanda.


Una di queste è semplicemente fare ciò che anche io sto facendo per riordinare i miei
pensieri: scrivere. Di più: scrivere per questo progetto, per il Farò del Mio Peggio
News, se non altro perchè farlo qui significa parlare in una piazza comune, a
disposizione di tutto il Liceo e non solo, per scoprire magari che i propri interessi e i
propri problemi sono anche quelli di altri, e che probabilmente non vi era mai capitata
l’occasione per parlare di certe cose di persona: troppo pesanti come temi, mica si
vuole rovinare una conversazione leggera parlando di questi temi esistenziali.


Un’altra grande risposta sta nella natura stessa della scuola, che negli scorsi anni si
era raffreddata e oggi torna a nuova vita: la comunità del Liceo, dai compagni di
classe con cui si condividono 5 anni della propria vita fino all’istituto intero. Significa
assemblee, progetti, gite, iniziative e perchè no, feste. In parole povere significa
riprendersi gli spazi che gli studenti dovrebbero volere quasi istintivamente: fare
propri quei luoghi in cui si passa una parte abbondante della propria giornata e
sfuggire al concetto di “scuola-gabbia” che invece rimane ben ancorato nelle teste
nostre e temo anche del mondo adulto.
A questo punto, visto che i limiti di un editoriale sono molto arbitrari, ci aggiungo
una quota personale, sempre sul tema del “riprendersi la scuola”: il Governo appena
insediatosi, che giustamente non ha ancora avuto il tempo di fare nulla di così eclatante
da poterlo giudicare, ha però trovato il tempo di inserire un nuovo articolo al Codice
Penale con un decreto-legge (lo strumento più potente che esista per un Governo, da
usare solo per necessità e urgenza). Ora atti come i “rave party” possono
essere puniti con la stessa severità con cui si punisce, che so, l’omicidio colposo (6
anni di carcere). Lo stesso Governo dichiara che sperano nel cosiddetto effetto
deterrente, ma quando si fa notare che forse questo stile da stato di polizia in cui una
legge troppo generica rischia di mettere in carcere pure gli studenti di una scuola o di
una facoltà universitaria che la occupano per protesta, o i lavoratori di una fabbrica in
sciopero che si piazzino all’interno dei cancelli, viene di solito consigliato di fare
meno rumore e che comunque il decreto sarà senz’altro modificato in Parlamento.
Tutto questo per dirvi: se vi ritrovaste a dover fare delle scelte di protesta nel Liceo,
sentitevi liberi di indicare me come mandante.


L’ultima risposta per risolvere il problema del “Panta Non Rei” viene dagli
insegnanti. Quelli che ancora trasmettono la passione per il loro lavoro e per la
conoscenza, intendo, oltre a pacchi di nozioni da incasellare nei vostri cervelli.
In effetti, anche scoprire le storie dei personaggi che sono passati in mezzo alla selva
oscura prima di noi può aiutarci; del resto le idee fondamentali di questo editoriale mi
arrivano dai vari Eraclito, Pirandello, Bergson, Dante…


I colori del quadro di quest’anno sono un po’ foschi rispetto al passato, me ne rendo conto. Colpa
dell’incertezza: brutta bestia anche nell’economia che sto studiando. L’unica cosa di cui sono certo sta nel fatto che le scadenze piano piano si avvicinano e bisogna pensare a nuovi modi per aprire
l’Associazione ai redattori
del giornalino, per fare in modo che vi prendiate anche
questo spazio, che vi spetta.

Potremmo anche rimanere bloccati in questa situazione senza prendere delle
decisioni, ma non è questo che Eraclito e gli altri ci hanno suggerito. Tutto scorre,
niente resta mai uguale, e noi non facciamo eccezione. Troviamoci allora il nostro
posto in quello che Pirandello avrebbe chiamato il flusso, l’insieme di cose che
vorticosamente ci capitano attorno, l’insieme delle opportunità che aspettano solo di
essere colte.