Una giornata particolare a Torino

(in collaborazione con Ludovica Nani e Katerina Xhokola)

Martedì 27 febbraio per noi giornalisti della 1C è stata una giornata particolare: insieme al resto della classe e accompagnati dai docenti Vincenzo D’Amico e Gloria Ottino, siamo partiti alla volta di Torino per una simpatica gita, sotto una altrettanto “simpatica” pioggia che abbiamo contrastato “armati fino ai denti” di ombrelli e giacconi impermeabili, determinati alla scoperta della città. Siamo partiti alle 7.31 dalla stazione di Savona ancora un po’ assonnati, ma il viaggio è durato relativamente poco tra un po’ di chiacchere e tante risate.

Una volta arrivati nella stazione di Porta Nuova, un gigantesco centro commerciale situato nel centro della città sabauda, ci dirigiamo verso piazza Castello, una delle principali di Torino, dove ci accoglie un signore sulla settantina dalla parvenza stravagante: ecco qui il Cicerone che ci avrebbe mostrato il centro città nelle sue caratteristiche e curiosità. Innanzitutto, ci mostra una carta di Torino che evidenzia le 4 zone principali: il castrum romano, i palazzi nobiliari, il centro cittadino romano (suddiviso in 72 insulae, di forma quadrata) ed il quartiere adiacente al Po.

Ora pongo una domanda a voi lettori… Da dove viene il nome “Torino”? Avete tutti risposto che deriva da “toro”, giusto? Ecco, mi dispiace smentirvi, ma si deve ai “Taurini”, la popolazione celtica che abitava la zona prima dell’avvento dei Romani: “tauro” in lingua celtica significa “montagna”, ma in latino assume il valore di “toro”; dunque i Romani credettero che potesse riferirsi in qualche modo ai tori. I Latini, una volta insediatisi nel quartiere del castrum romano, posizionarono nel centro dell’accampamento una statua di toro in bronzo; questa riscosse un grande successo e divenne simbolo della città.

La guida ci racconta poi di un lato più intrigante della città: Torino viene considerata una città esoterica: vi sono due nuclei di magia principale, bianca e nera; vi è inoltre la credenza che in alcuni luoghi questi “cerchi” si intensifichino. Ne abbiamo visti alcuni, ma sicuramente quello che mi ha colpito di più è “il dito di Cristoforo Colombo”; in piazza Castello vi è un medaglione in bronzo raffigurante, appunto, Colombo che consulta un mappamondo. In quanto questo punto è poco distante dall’Università e si è sempre pensato vi si concentrassero le energie positive, gli universitari hanno preso l’abitudine di toccare il mignolo del navigatore per buon auspicio, prima di dirigersi in facoltà a sostenere gli esami. Ho deciso di testare sulla mia pelle in vista delle prossime verifiche, vi ripongo molte speranze…

La guida ci ha poi mostrato palazzo Madama, che è così nominato in quanto è stato dapprima abitato da Madama Cristina di Borbone e poi tradizionalmente residenza nobiliare; per di più si fonde con un edificio dalla parvenza antica, una torre romana, la “porta decumana” della città. Nelle sue origini romane, la città è stata fondata secondo le regole vitruviane: cardo e decumano, tuttavia, a Torino, i due assi non sono perfettamente perpendicolari in quanto il centro cittadino è lievemente rialzato. Le regole di Vitruvio ci forniscono anche altre informazioni sulla data di fondazione della città, abbiamo la certezza che sia stata fondata il 9 gennaio, denominato “giorno arapacis” in onore di Augusto, però vi sono molte incertezze sull’anno che si aggira tra il 27 a. C. e il 9 a. C.

Al giorno d’oggi il “cardo massimo” non si è conservato nella sua integrità: per notare questo fenomeno ci dirigiamo verso la Porta Palatina, un edificio romano in mattone rosso che fungeva da dogana. Si trova nell’estremo settentrionale del cardo e possiamo ammirare la sua integrità nonostante i millenni, seppur parzialmente in quanto il cortile interno è stato sostituito da strade nel corso dei secoli. In questo punto possiamo constatare la larghezza della via principale che, più ci addentriamo nel centro del quartiere Romano, più diviene sottile e contorta. Il fenomeno si verificò nel Medioevo, durante il quale il cardo massimo, da via principale divenne un territorio da sfruttare per costruire nuove abitazioni. Qui si trova, infatti, la casa più antica della città, un edificio in pietra, sede dei duchi longobardi e successivamente dei Franchi, infine divenuta sede del Senato. Una delle sue caratteristiche peculiari è la presenza di due livelli di cantine, oltre ai quattro piani fuori strada; il piano più profondo (l’infernotto) è stato in passato utilizzato come prigione.

Abbiamo successivamente continuato il nostro giro nella Torino Romana visitando il foro Romano, che comprendeva municipio e piazza ed aveva anche ruolo di “mercato delle erbe”. Qui sorge una statua imponente di Amedeo di Savoia in cui è raffigurato in combattimento contro i Saraceni; quest’opera è stata realizzata dopo la partenza di Amedeo verso Costantinopoli, da dove sarebbe dovuto partire per una crociata con suo cugino, l’imperatore. Una volta giunto a Costantinopoli scoprì, però, che suo cugino era stato ridotto in schiavitù dai Bulgari e dunque la crociata non si fece.

Oltre a soffermarci su edifici storici, la guida ci ha parlato un po’ delle tradizioni di Torino, con i suoi caffè che nell’Ottocento erano luogo di ritrovo degli aristocratici, come il caffè San Carlo, ritrovo dei liberali. Ha raccontato anche della tradizione cinematografica della città, a lungo sede principale della produzione cinematografica italiana; abbiamo avuto l’occasione di vedere il caffè Torino, conosciuto per essere comunemente frequentato da personaggi del cinema dei tempi. A Torino, sorge uno dei primi cinema italiani, in una galleria dallo stile art decò: interessante è il cambiamento del nome durante il trascorrere del tempo, il cinema nasce come “rex”, per poi essere cambiato in “dux” durante il regime di Mussolini, per poi prendere il nome di “lux”, come si chiama tutt’ora. Purtroppo gli interni sono stati riadattati ad un multisala, ma la facciata, seppur ristrutturata, è rimasta la stessa. Mussolini non solo cambiò il nome del cinema, ma trasferì le sedi cinematografiche a Cinecittà, a Roma; anche per questo Torino non è più sede delle grandi produzioni italiane.

Infine, ci sono state elencate alcune specialità come il bicerin, a base di fior di latte, cioccolato fondente e caffè, oppure i gianduiotti, il bunet, la giacomette. In tutte le preparazione ricorre un ingrediente principale: il cioccolato. La rinomata tradizione cioccolataia torinese deriva da un vero e proprio caso: il cacao veniva prodotto in Messico, che era sotto dominio spagnolo, ed essendo il duca Emanuele Filiberto cugino di Carlo V, venne inviato del cacao anche a Torino, da cui si sviluppò l’attuale tradizione. Non a caso, le prime due città della storia in cui è stato prodotto il cioccolato sono proprio Torino e Bruxelles, che in quel periodo era sotto dominio spagnolo.

Terminato il tour, abbiamo approfittato della pausa pranzo per rilassarci ed ammirare i negozi di via Roma, dove abbiamo “fatto le vasche”, tipica espressione per indicare le passeggiate sotto questi portici, punto di riferimento per lo shopping torinese.

Dopo la pausa pranzo abbiamo raggiunto il museo egizio di Torino, che reca la collezione più vasta al mondo di antichità egizie, fuori dall’Egitto. La maggior parte dei reperti furono ritrovati dall’archeologo Schiapparelli, inviato dai Savoia in Egitto per raccogliere informazioni e testimonianze di questa popolazione. Dopo essere stati accolti dalla guida, un’egittologa, abbiamo subito approfondito i materiali con cui venivano confezionati i reperti come il legno, la pietra, l’argilla. La presenza di cave in Egitto permetteva anche l’estrazione di vari minerali, spesso impiegati nel fiorente artigianato.

Siamo poi passati alla visione della prima mummia, una ragazza di 16-18 anni ritrovata in un sarcofago in legno. Il corpo è parzialmente sbendato e la guida si è soffermata su questo particolare: Schiapparelli, in segno di rispetto del rito e del defunto, non ha mai sbendato i corpi e, se alcune mummie si presentano sbendate, sono semplicemente state ritrovate così. I corpi in cui la bendatura è intatta vengono analizzati con raggi-x e tac per studiare meglio il defunto, ma l’archeologo Schiapparelli si è sempre opposto ad altri metodi di studio invasivi che prevedessero la rimozione delle bende. Ci sono poi state mostrate le tuniche di lino, parte del corredo funerario, dalle incredibili caratteristiche manifatturiere. Ricorrente è la presenza di casse multiple e maschere funerarie.

La guida poi si è dedicata alla spiegazione circa le tecniche di mummificazione dei corpi. Innanzitutto, ci ha chiarito che questa pratica deriva dalla necessità di mantenere intatto il corpo, ove il “Kha”, l’animo vitale, sarebbe risieduto per l’eternità. Il corpo veniva eviscerato e, mentre il cervello non veniva conservato, gli altri organi venivano riposti in “vasi canopi”. Il corpo era poi ricoperto di vari unguenti, come il natron, utilizzato per far seccare il corpo, e infine bendato.

La scrittura geroglifica che caratterizza la cultura egizia è una combinazione di segni suono ed ideogammi. Era un’arte difficile da padroneggiare, attuata dagli scribi; questi avevano il compito di trascrivere su papiro o tavolette di argilla i testi, solitamente sacri o con scopo pratico. Si scriveva partendo da una bozza, per effettuare una progressiva correzione e passare alla stesura ufficiale. Ci sono state fornite informazioni sulla culture e la religione: le classi sociali erano distinte e rigide, con la presenza di schiavi; ruolo fondamentale aveva il Faraone, re con diritto di vita e di morte su tutti i suoi sudditi. Il Faraone veniva considerato il figlio di Osiride, la divinità fondamentale e dunque si credeva avesse origini divine e veniva riconosciuto come un vero e proprio dio. L’alimentazione non era variegata: alla base della piramide alimentare la dieta comprendeva la birra, un preparato denso e nutriente, seppure lievemente alcolico, ed il pane.

La guida si è soffermata spesso sul periodo al quale si attribuiscono i sarcofagi: l’epoca egizia è infatti suddivisa in Antico Regno, Medio Regno e Nuovo Regno. Nel susseguirsi dei secoli, i riti sepolcrali cambiano, si nota particolarmente confrontando il primo corpo visto, non bendato ed in posizione fetale, e le mummie delle tre sorelle, in posizione distesa con le braccia lungo il corpo e con bendaggi molto spessi. Spesso nelle tombe venivano ritrovati anche corpi di animali sacri imbalsamati, come il coccodrillo, il toporagno o il gatto, poiché col passare dei secoli i corredi funerari divennero sempre più ricchi.

Dopo aver osservato varie steli, abbiamo raggiunto le ultime sale, come quella del periodo tardo, con un affascinante busto di Cleopatra, principessa d’Egitto che fece innamorare Cesare e Antonio, per poi suicidarsi dopo la conquista dell’Egitto da parte di Ottaviano. L’ultima sala che abbiamo visitato è la “sala dei re”, dove si fanno ammirare imponenti statue, come sfingi (che hanno corpo d’animale e testa umana solitamente) o statue alte più di 5 metri raffiguranti divinità o Faraoni.

Il museo egizio è immenso tanto che per vedere solo una parte delle opere ci sono volute all’incirca tre ore. Per poter prendere un pausa da questa lunga visita guidata ci è stato proposto un laboratorio artistico, nel quale ci sono stati forniti matite, gomme e fogli di carta millimetrata per poter eseguire la rappresentazione di uno dei monumenti, delle sculture o delle pitture, a nostra scelta. Una volta consegnati i nostri capolavori, per modo di dire, abbiamo proseguito il viaggio arrivando alla sala dei re, che ho trovato affascinante. Sicuramente è stata la mia parte preferita del museo: tutte le sculture raffiguravano importanti personaggi della storia dell’Antico Egitto.

Complessivamente è stata una giornata assai piacevole, durante la quale ho capito di aver appreso notizie ed informazioni che vanno ben oltre il tradizionale libro di storia e che, se non vi fosse stata la presenza costante di una guida, non avrei mai potuto neanche immaginare. In conclusione ritengo che questa gita sia pienamente riuscita, malgrado ci fosse una sgradevole pioggia che non ci ha permesso di goderci a pieno l’esperienza. Consiglio a tutti di andare a Torino, in modo da non perdersi la quantità di monumenti storici e artistici che offre. E per di più, in una città così ricca di cultura, c’è una vasta scelta di negozi e di luoghi dove trovare prelibatezze per il palato. Non dimenticatevi di assaggiare la cioccolata, si può fare ogni tanto uno strappo!