Assange libero 1

L’Occidente è davvero una società libera e aperta?

Siamo davvero così diversi dagli altri oppure la caricatura secondo cui “la nostra libertà viene raccontata come un gioco di specchi per coprire gli interessi delle nostre classi dirigenti” risponde a verità?

Già Shils scriveva, nel pieno della Guerra fredda, che era impossibile non interrogarsi su ciò che distingueva gli Stati Uniti dal loro avversario. Se è vero che i governi cercano sempre di nascondersi, è altrettanto vero che nelle nostre società c’è qualcuno che prova a stanarli. Il fatto che il pezzo di mondo in cui viviamo sia fra i più liberi della Storia non è indipendente dall’esistenza di una libera stampa che si pensa come un contropotere

È dal confronto con i fatti, con le evidenze, con le prove, che il nostro modo di vedere il mondo può cambiare o uscirne rafforzato. Michele Mezza sostiene  “il punto ora è capire proprio da parte dell’Occidente quale sia la sua differenza e distanza dalla barbaria del Cremlino. Senza instaurare miserabili parallelismi fra l’omicidio programmato (Navalny) da una cosca al vertice della Russia con la persecuzione giudiziaria del fondatore di Wiki Leaks, non possiamo tacere come proprio la contrapposizione alle dittature asiatiche costringa la democrazia a una coerenza implacabile.”

Anni fa la Corte suprema degli Stati Uniti sosteneva “la libertà di stampa deve essere esercitata in favore del popolo e non del governo”. Erano solo parole, uno specchio? E’ esattamente il principio che accampa Assange per la sua azione di pubblicazione dei documenti segreti.

Dimostrare la capacità della democrazia di autocorreggersi, a differenza dell’ottusità totalitaria a perseverare nella pratica criminale, come unica forma di identità.

Ieri mattina l’Alta Corte inglese ha preso tempo sull’estradizione di Julian Assange negli Stati Uniti, chiedendo ulteriori garanzie, ma il giornalista resterà nel carcere di alta sicurezza nonostante la salute compromessa. Mai sottoposto a processo, Assange vive da dodici anni privato della propria libertà…

Com’è noto, se venisse estradato negli Stati Uniti sarebbe sottoposto a processo. Per i diciassette capi d’accusa, la condanna potrebbe raggiungere i 175 anni, ma non può essere esclusa la pena di morte. 

Oggi è l’unico giornalista in galera nel Regno Unito. “L’obiettivo è la giustizia”, ha sempre detto Assange, “lo strumento è la trasparenza”. Ed è un aspetto che ci riguarda tutti, proprio oggi che il dibattito sull’intelligenza artificiale, sull’uso di Google, sul controllo delle masse, è sempre più vitale.

La novità che spaventa tanto è il metodo. Metodo valido e lecito se usato a favore del potere, illecito, pericoloso e da perseguire se usato contro il potere. In una società sempre più tecnologica, lui, geniale informatico, ha pensato di sfruttare i nuovi strumenti del potere, del controllo e della manipolazione, contro questo stesso potere. Ma non ha indetto rivoluzioni, non è diventato un capopolo… ha fatto il contrario. Ha usato la crittografia per rendere inaccessibili le sue fonti, pubblicando sulla piattaforma WikiLeaks tutta la documentazione che soldati e funzionari non potevano altrimenti rendere pubblica.

La forza delle immagini e la potenza dei documenti e delle email superano qualsiasi tentativo di censura, non è possibile cancellarli dalla Storia. Assange è in qualche modo l’altra faccia di Cambridge Analytica.

Cambridge Analytica (CA) è stata una società di consulenza britannica il cui nome è divenuto celebre a seguito di uno scandalo connesso alla gestione dei dati per influenzare le campagne elettorali. Il metodo utilizzato combinava il data mining, l’intermediazione dei dati e l’analisi dei dati con la comunicazione strategica per la campagna elettorale. Grazie alla combinazione di queste discipline con gli studi della psicometria, lo studio dei comportamenti umani, era in grado di sfruttare il profilo psicologico degli utenti per individuarne una precisa personalità ed impacchettare messaggi estremamente precisi che andavano a colpire le loro debolezze e paure. Attualmente molti consulenti sono ancora nell’entourage di Trump che già allora ne è stato il principale beneficiario.

L’Occidente vive davvero in una società libera e aperta? Il futuro di Assange potrebbe aiutarci nella risposta.

Chiudo citando alcuni passi che Stella Morris, la compagna di Julian Assange, ha scritto qualche settimana fa per i giornalisti occidentali.

In questi drammatici giorni, riempiti di immagini di distruzione, di morte e di disperazione in Ucraina, vi vediamo intenti a denunciare eccidi e crimini di guerra. Svelarli e castigarli è proprio ciò a cui Julian Assange ha dedicato la sua vita. Con una differenza. Voi svelate e castigate i crimini di guerra della Russia, Paese che il governo statunitense ha qualificato come “nemico”. Il vostro è un lavoro giornalistico “al servizio della verità”, come amate proclamare, di una verità però comoda. Assange ha svelato e castigato i crimini di guerra della Nato in Afghanistan e in Iraq, quelli di cui il governo statunitense ha detto che non bisognava parlare e sui quali la Corte Penale Internazionale non deve indagare. Il lavoro giornalistico di Julian, dunque, è stato anch’esso “al servizio della verità” – ma di una verità scomoda. Talmente scomoda che il Dipartimento della Giustizia statunitense considera la diffusione di quelle verità meritevole di subire fino a 175 anni di carcere. (…) Non abbiamo visto la solerzia e l’indignazione che oggi mostrate nei confronti della Russia, quando a commettere le barbarie eravamo noi: i buoni, i democratici, i progressisti. Non abbiamo visto né dirette né maratone per gli orrori che noi e i nostri alleati abbiamo commesso in passato in Afghanistan, in Iraq, in Libia e oggi in Siria, in Palestina, nello Yemen e nel Sahel. C’è stata una persona che, quasi in solitaria, ha denunciato quegli orrori. Questa persona ha addirittura costruito un sito ingegnoso, Wikileaks, per poter raccogliere anonimamente le prove dei crimini commessi da noi “buoni”. Ed è solo per questo che quella persona è perseguitata dagli Stati Uniti, sin dal 2010. (…) E voi? Voi, da quale parte state? (…) Un vostro collega sarà sepolto vivo per aver fatto il suo lavoro di giornalista investigativo: non vi turba questo pensiero? (…) Se Julian Assange verrà estradato o se dovesse morire prima in carcere, sarà la morte anche dell’informazione libera, la morte del nostro #DirittoDiSapere cosa fanno realmente coloro che ci governano. (…) Se Julian non sarà liberato, neanche voi sarete più liberi”.