“C’è sempre il sole il 25 Aprile”

Potrà non essere carino parlare di una festività quando è già passata, ma di fronte a questa situazione, di fronte a questa immagine in particolare, sono serviti un paio di giorni per fare ordine tra i pensieri. Il titolo dell’articolo è una citazione ad un programma televisivo di La7, in cui nell’ampio racconto della realtà di oggi il presentatore conclude la riflessione con: “C’è sempre il sole il 25 aprile; pure quando fuori c’è nuvolo, il 25 aprile c’è il sole. E se credi che il 25 aprile sia tutto l’anno, per tutto l’anno ci sarà il sole”. È un messaggio disarmante nella sua chiarezza: ciò che ricordiamo e che festeggiamo durante questa ricorrenza è così importante da poter illuminare la via in ogni situazione. Anche in quella che affrontiamo oggi, viene da pensare. Ma in che modo il 75° anniversario della Liberazione dovrebbe indicarci la rotta da seguire durante la pandemia e -soprattutto- durante la catastrofica crisi che ci attende non appena avremo messo sotto controllo il virus?


Tanto per cominciare la nostra situazione ha un punto in comune con l’Italia di quel tempo: la negazione delle libertà. Era un periodo terrificante in cui vivere, dopo 20 anni di dittatura e censura crescenti, si era arrivati a giornali di regime, radio di regime, ma anche sindacati, scuole, fabbriche; nessuno poteva dirsi libero per il semplice fatto che chi non aveva in tasca la tessera del partito fascista difficilmente avrebbe potuto farsi una passeggiata senza finire nei guai con la giustizia (di regime anche lei ovviamente.) Ora, nemmeno un pazzo (in realtà qualcuno sì, ma abbiamo imparato a riconoscerli attraverso i loro interventi discutibili in trasmissioni altrettanto discutibili) oserebbe paragonare la condizione di un dissidente a quella di chi oggi non rispetta la quarantena, ma che la mancanza di libertà esista in entrambe le situazioni, questo invece si può dire.

Il fatto è che questa volta le limitazioni alle libertà personali, per quante difficoltà possano aver creato, sono per il bene dei cittadini e non per schiavizzarli. È un tema su cui non ci sono stati contrari fin da subito, ma oggi abbiamo tante spinte che chiedono (e in alcuni casi pretendono con gesti plateali) di spezzare queste catene e riavere indietro le libertà, che poi sarebbe in primis quella di lavorare e avere un reddito con cui sopravvivere.


Ecco che allora compare il problema delle divisioni: al livello più alto si prendono decisioni con cautela perchè nessuno ha abbastanza dati per stabilire quale sia il modo migliore per ricominciare a vivere senza il rischio di doversi di nuovo mettere in letargo; un piano più giù ci sono invece governatori che stanno stretti nelle regole nazionali e così aggiungono qualche eccezione; ma poi ci sono i sindaci, che conoscendo i loro piccoli territori modificano una terza volta le indicazioni. 75 anni fa nel caos più totale si era formato una specie di stato clandestino, il “Comitato di Liberazione Nazionale”: riuniva tutti i partigiani del centro-nord e grazie a questa rete tutte le grandi città in mano ai nazi-fascisti furono liberate già prima che arrivassero gli Alleati a blindare le zone ripulite. Dentro a questo Comitato c’erano comunisti e conservatori, universitari e analfabeti, contadini e generali, gente che combatteva “per la Repubblica” e gente che combatteva “per il Re”. Gente divisa da tutto, spesso addirittura dalla lingua perchè i dialetti erano ancora più forti dell’italiano a quei tempi. Eppure tutti hanno trovato l’elemento in comune, l’unità anche in mezzo a tutte quelle differenze: c’era un nemico da sconfiggere. Di fronte a qualcosa di più grande, che potenzialmente avrebbe distrutto tutte le altre questioni secondarie, nessuno si è azzardato a polemizzare o a rallentare i lavori che hanno portato alla Liberazione.


È un resoconto che esalta i partigiani tralasciando alcune ombre, che ovviamente ci sono state e sono perfettamente inseribili nel contesto di una guerra civile e di una disperazione collettiva devastante, ma stavolta era un effetto voluto trascurare qualche dettaglio per far arrivare in modo chiaro e assoluto il messaggio: ci sono cose più grandi, cose che si superano solo con il contributo di tutti, anche di quelli che pensano di non poter fare nulla di eroico, anche di quelli che prima dell’emergenza erano (e in futuro saranno di nuovo) in disaccordo con il Governo per qualunque motivo. Finchè l’anniversario della Liberazione ci trasmetterà questi princìpi, o finchè qualcuno ricorderà agli altri che per questi princìpi hanno fatto scorrere fiumi di sangue nelle nostre città, allora potremo dire che il 25 aprile sarà davvero una giornata piena di sole.