Conflitto nel Mar Rosso: opinioni a confronto

Iran e Mar Rosso: una polveriera per l’Occidente.

La situazione nel Mar Rosso è esplosiva. Ma la domanda che dobbiamo farci, per capire cosa sta accadendo, è se c’è qualcuno che ne trae vantaggio. Il Mar Rosso è collegato con quello che sta accadendo nel resto del mondo, che fa parte di un piano di potere più grande a vantaggio di un paese, l’Iran. I fatti sono questi.

Dal 19 ottobre 2023  gli Houthi  hanno attaccato mercantili che tentavano di transitare nello stretto di Bab el-Mandeb, fino ad ora sono state colpite 27 imbarcazioni  e danneggiati più i 50 Stati. A causa di questo le navi mercantili sono costrette a circumnavigare l’Africa con un costo maggiore dei trasporti e dei prodotti di cui risentirà tutto l’Occidente: di fatto dovranno percorrere 5.500 km in più e cioè due settimane di viaggio aggiuntive. Gli Houthi sono un gruppo terroristico dello Yemen,  alleati di Hamas e dell’Iran che li fornisce di armamenti. Per lo più, si pensa che gli Houthi attacchino i mercantili per ottenere la fiducia di quelli che considerano i loro  alleati. 

A ben guardare potremmo teorizzare che questo gruppo armato possa essere proxy dell’Iran, ovvero un mezzo per prendere parte negli scontri o attivare una serie di atti di risposta per fini non espliciti. Di fatto gli Houthi, attaccando lo stretto di Bab el-Mandeb, non solo mettono in subbuglio il commercio mondiale, ma danno una dimostrazione del fatto che gli Usa non sono più in grado di mantenere il controllo dei cosiddetti “Choke Points”, ovvero passaggi stretti di mare cruciali nelle rotte commerciali. Tra l’altro negli Stati Uniti sono in corso le primarie e la situazione di precario equilibrio (non solo metaforico) sta facendo perdere la fiducia nelle capacità di Biden di gestire i delicati equilibri internazionali. Anche questo concorre a lasciare all’Iran uno spazio di manovra e di dimostrazione della sua potenza. Come controffensiva gli Usa si sono organizzati con la Gran Bretagna per un attacco missilistico andato a segno su più di 60 obiettivi. Parliamo di basi militari, siti di lancio e depositi di armi degli Houthi, ma inevitabilmente anche di obiettivi civili.

 La faccenda non finisce qui e la tensione si estende a tutta l’area mediorientale:  l’Iran afferma di aver distrutto una base del Mossad situata in Iraq, servizio segreto Israeliano, lo stesso che ha rivelato la posizione del generale iraniano Razi Moussavi ucciso a Natale da Israele.  In Siria, le Guardie della Rivoluzione Iraniana hanno colpito basi operative dell’Isis, dopo che quest’ultima si è dichiarata responsabile dell’attentato alla commemorazione di Soleimani. Mentre in Pakistan l’Iran ha bombardato postazioni del gruppo terroristico AdL, movimento sunnita che chiede con metodi violenti l’indipendenza del Budistan.

Possiamo leggere tutti questi atti come singole vendette dell’Iran, oppure considerarle parte di un disegno più ampio volto  all’affermazione della supremazia dell’Iran e della sua civiltà.

L’antagonismo verso l’America è un obiettivo conclamato, come lo è la forte ostilità nei confronti di Israele.  Ma secondo alcuni analisti c’è un terzo obiettivo strategico che non va sottovalutato, vista la natura religiosa del regime: il trionfo finale degli sciiti sui sunniti, quindi la conquista dei due luoghi sacri dell’Islam, la Mecca e Medina. L’Arabia saudita è il terzo obiettivo nel piano imperiale della teocrazia sciita. 

(sintesi da fonti giornalistiche)