DAL COLONIALISMO AL RAZZISMO

Fino alla metà del 1800, si assistette al fenomeno del colonialismo, che esso fosse di sfruttamento, di insediamento e commerciale, nei secoli a partire dalla scoperta dell’America divenne sempre più violento e impositorio. Gli stati che colonizzavano imponevano un potere politico, economico, ma anche la loro cultura, la loro lingua e persino la loro religione. Dei popoli colonizzati, non rimaneva un’identità, anche perché essi, nella maggior parte dei casi, venivano ridotti in schiavitù.

Successivamente, intorno alla seconda metà del 1800, grazie all’industrializzazione e alle guerre che portarono alla nascita degli Stati, come furono le tre Guerre di Indipendenza per l’Italia, iniziò a farsi strada il concetto di nazione, soprattutto negli Stati che si erano appena formati. Progredì la convinzione che lo Stato potesse essere più forte, se unito.

Iniziò così il fenomeno del nazionalismo, con cui si intende la tendenza politica e etnica che esalta il concetto di nazione, il quale, insieme a quello del popolo, sottolinea l’importanza di certi valori indentificativi e collettivi relativi a un determinato territorio.

A celebrare il nazionalismo, oltre a letterati e filosofi, ci furono anche artisti importanti che nel corso dei decenni, esemplificarono e trasformarono il concetto di nazione in un’opera d’arte, come ad esempio fece Eugène Delacroix, con il dipinto “la Libertà che guida il popolo”.

Come conseguenza del nazionalismo, che conduceva le nazioni in competizione fra loro a livello politico, economico e coloniale, si ebbe l’imperialismo, fenomeno che portò alla costruzione da parte delle potenze europee di imperi coloniali, estesi alla maggior parte delle zone del pianeta.

Le potenze – Inghilterra, Francia e Germania – dopo aver partecipato alla “lotta per le colonie” nel continente americano, grazie alle spinte nazionalistiche interne, che favorirono una migliore organizzazione politica e conferivano una maggiore importanza all’opinione pubblica (per lo meno, in linea teorica), presero parte a un’aggressiva politica di competizione internazionale, al fine di aumentare in maniera esponenziale, i capitali finanziari.

Con l’imperialismo, si assistette al tentativo da parte delle potenze di dominare il mondo, attraverso un atteggiamento di comando (colonizzazione) che secondo alcuni (per esempio Lenin) era la fase suprema del capitalismo (basata sul mercato e quindi sull’incremento del capitale).

L’intero globo venne sottoposto a una spartizione geografica, che si concluderà negli anni ’20 del XX secolo, ovvero dopo la fine della Prima Guerra Mondiale.

Bisogna considerare che nel 1800, il 55% dei territori mondiali erano colonie e nel corso degli anni la percentuale aumentò sempre di più, per raggiungere il 60% nel 1878 e l’84% nel 1914. In questi anni, non si conquistò solo l’Africa, ma anche l’India, la Cina e il Giappone. I paesi che venivano invasi dalle maggiori potenze potevano diventare colonie di popolamento (come l’America Latina o l’Australia), oppure di sfruttamento (come gran parte dell’Africa).

È importante ricordare, però, che le maggiori potenze europee non privavano i popoli delle colonie di tradizioni e cultura, come succedeva con il colonialismo precedente, ma solamente di potere economico e politico, di cui erano responsabili gli invasori e non i conquistati. A questi ultimi era permesso di mantenere un’identità, una cultura, delle radici.

Non bisogna pensare, però, che l’imperialismo abbia comportato meno crudeltà rispetto al colonialismo, anche perché esso, sviluppatosi in molti paesi europei, in concomitanza con un nazionalismo che abbandonò gli ideali universalistici fondati sul nesso libertà – nazione, acquisì un carattere fortemente autoritario e aggressivo.

In alcune situazioni, il colonialismo si affiancò al razzismo, in quanto portava con sé l’idea che il popolo europeo, e nello specifico, quello della propria nazione, fosse migliore, più forte e più “puro”, rispetto agli altri popoli e alle altre minoranze, che esse fossero etniche, religiose o culturali.

Si parla di razzismo nei confronti degli ebrei, ma anche nei confronti dei popoli considerati inferiori, alimentando un clima di intolleranze, le cui tragiche conseguenze non avrebbero tardato a farsi evidenti. Basta solo pensare a cosa portò la Seconda Guerra Mondiale a livello di discriminazione, ai vari genocidi e alle varie repressioni di chi era considerato diverso.

La stessa situazione di intolleranza non è cambiata, purtroppo, è presente anche nei nostri giorni, come la presenza del movimento “Black lives matter” può dimostrare, ma anche i molteplici episodi di intolleranza razziale che avvengono nella nostra nazione, nella nostra città, nella nostra realtà.