INFLUENCER E PSICOLOGIA DEL CONSUMO

Un bambino che ha appena imparato a camminare, ma che si trova in un passeggino, due adolescenti che vagano per il centro della città dopo una giornata a scuola, un adulto che cammina lungo mare o che aspetta il treno per tornare a casa… cosa hanno in comune? Un telefono. Magari un tablet, oppure un iPad.

Nell’ultimo decennio, a seguito della sempre più capillare diffusione dei social media, si è capito quanto essi risultino fondamentali e parte della vita di tutti, e non solo dei ragazzi più giovani. Ormai, se si osservano, anche solo per dieci minuti, le persone che si incontrano per strada, si nota immediatamente come la loro attenzione venga completamente assorbita e consumata dagli apparecchi elettronici, tanto comodi, tanto utili, ma che sono, in realtà, anche tante “cose negative”.

I bambini, fino dalle elementari, se non prima, vengono catapultati in un mondo virtuale che finiscono per conoscere meglio rispetto a quello reale. È logicamente prevedibile che, poi, gli stessi bambini, una volta adolescenti, quando iniziano ad avere un gruppo di amici più ampio e selettivo, quando scoprono l’ampiezza delle app più diffuse, quali Instagram, Tik Tok, Telegram, per non parlare dei giochi, siano dipendenti dal telefono. Si ha sempre più la necessità di essere costantemente aggiornati sulla vita degli altri, conoscenti o non, che a loro volta postano storie, reels, post, su ogni social possibile e mostrano cosa fanno durante la giornata, cosa hanno comprato nel pomeriggio, dove vanno in vacanza e, addirittura, cosa mangiano! Ma è sano tutto ciò? È normale? È veramente così fondamentale condividere tutto questo? A che scopo? È veramente questo quello a cui i ragazzi devono dare importanza? Si può parlare di circolo vizioso?  

Probabilmente la maggior parte delle persone può affermare che questa continua voglia di condividere e vedere cosa gli amici, conoscenti o influencer hanno condiviso, non sia altro che nociva. Forse non si può più dare la colpa a una educazione “diversa” da quella conosciuta e portata avanti nei decenni scorsi, perché oramai, per la società, soprattutto per chi rientra in determinate fasce di età, se non sei connesso o informato, sei fuori dal mondo e risulti isolato.

È molto difficile e scontato polemizzare sul continuo uso della tecnologia in maniera impropria, fin dalla tenera età, ma spesso si tralascia la parte del circolo vizioso, molto vicino a noi ragazzi che vogliamo scoprire la tecnologia, esperienze diverse, se promosse dalle persone giuste e nella maniera giusta, ma anche oggetti indispensabili, di cui, fino a un minuto prima, non sapevamo neanche l’esistenza.

È risaputo che i social media stimolino sempre di più a rimanere “sul pezzo”, e proprio in questo frangente, entrano nella discussione, gli influencer. Tecnicamente essi sono “chiunque abbia il potere di influenzare le decisioni di acquisto (e non solo) degli altri, a causa della loro autorità, conoscenza, posizione o rapporto con il rispettivo pubblico”.

Gli influencer sui social media, a volte, non appaiono neanche come persone che creano contenuti, ma esclusivamente come semplici “venditori”, che possono fare pubblicità a qualsiasi prodotto, che esso sia un vestito, un profumo, un paio di scarpe da ginnastica oppure uno stile di vita. Si può dire che essi abbiano la responsabilità e il potere di stabilire le tendenze, soprattutto tra i più piccoli, i quali risultano sempre più condizionabili e ingenui. Anche se la pubblicità si suppone non venga fatta in cattiva fede, a volte può essere distruttiva, sia per i possibili prodotti sbagliati pubblicizzati, oppure se si diffondono modelli perfetti, che essi siano di comportamento o di stile di vita, ma che risultano comunque irraggiungibili. E questo può distruggere l’autostima dei ragazzi, soprattutto se molto giovani e alla ricerca, nella massa, di qualcuno che gli assomigli.

Tendenzialmente, si cerca di non pensare solamente al lato negativo, in fondo gli influencer lo fanno anche per “lavoro”: gli sponsor spediscono loro i prodotti da far promuovere sui social media, sperando che i seguaci, che siano più di un milione o qualche migliaio, poi comprino ciò che vedono sulle storie di Instagram, di Tik Tok, oppure sui vari blog, anche se non sono molto più di moda. È ancora strano immaginare che gli influencer possano e riescano veramente a guadagnare grazie ai video pubblicati sui social; questo avviene anche grazie al tag “#adv”, il quale è un’abbreviazione di advertising. Significa pubblicità e è un messaggio a pagamento che un’azienda invia all’influencer con lo scopo di influenzare, per l’appunto, le persone che lo ricevono. L’industria dell’adv è sempre più in espansione, come del resto, l’importanza e la diffusione degli influencer, i quali vengono solitamente ricordati per il numero di seguaci, tipi di contenuto o livello di influenza.

Il livello di influenza riguarda anche l’economia che si porta dietro tutto il sistema. Il problema è che non sempre questa economia genera una sana compra/vendita di prodotti. Navigando sui social si interagisce continuamente con promozioni di sconto e pubblicità di nuovi prodotti “indispensabili”, anche se poi essi risultano fondamentali solo per sentirsi uniformati alla società e non per la nostra propria vita. Sconti e pubblicità di oggetti futili, oltre a essere collegati fra loro, sono anche collegati a una psicologia che si porta dietro tutto questo sistema. Spesso, quando i prodotti vengono pubblicizzati con grandi percentuali di sconto, anche se essi non servono propriamente all’acquirente, quest’ultimo vede un’opportunità nell’annuncio e compra il prodotto, anche senza pensare a quanto codesto poi possa risultare utile o meno. Si capisce anche quanto queste continue interazioni possano portare in un vortice di acquisto, che esso venga fatto per effettiva necessità, illusoria necessità o per non sentirsi esclusi dalle opinioni della società, purtroppo molto rilevanti per i teenager.

Per questo si parla di conseguenze negative sulle persone a causa dell’influenza degli influencer, ma si parla anche di psicologia del consumo o del marketing, ovvero un campo di studi che si occupa di analizzare il comportamento di acquisto dei consumatori, che esso sia ossessivo compulsivo, saltuario, e secondo differenti motivazioni, proprio come precedentemente citato.

I temi maggiormente analizzati dalla psicologia del marketing sono vari, tra essi ci sono i comportamenti del compratore di fronte al consumo e al marketing, la comunicazione pubblicitaria, tra cui la memoria della pubblicità, il ruolo delle immagini mentali e dei colori, le risposte psicofisiologiche alla pubblicità, le ricerche e gli interventi professionali sulla comunicazione efficace e in specifici contesti. Detto così, sembra un ambito complicato, ma in sostanza, il consumatore, influenzato dai temi sopra citati (immagini colorate, ripetitive pubblicità ecc.), può diventare quasi dipendente dagli acquisti. I bisogni dei consumatori di solito sono primari o assoluti, come vestirsi, mangiare, bere, ma si inizia a parlare di dipendenza dal consumo nell’ambito della sua psicologia, nel momento in cui questi bisogni primari comprendono cose futili, insignificanti, oppure ripetitive (esempio: comprare uno stesso prodotto continuamente per avere sempre una versione più nuova e aggiornata). Questa dipendenza, può essere anche causata dalla psicologia degli sconti sopra citata, che spinge il consumatore a comprare sempre per approfittare al meglio degli sconti.

La psicologia del consumatore si occupa anche di studiare i bisogni di acquisto, ovvero quali prodotti vengono maggiormente acquistati, in quante quantità in percentuale, ma anche in quale periodo dell’anno essi vengono maggiormente richiesti. Su questi dati si basa l’organizzazione dell’adv, degli sponsor e quindi le tendenze stabilite dagli influencer.

Senza essere troppo critici, se si pensa alla “categoria” di influencer che si occupa esclusivamente della pubblicità di prodotti o modelli di comportamento, essi possono risultare proprio come semplici venditori, senza particolari peculiarità, immaginazione per creare i contenuti oppure, molta libertà di scelta sulle modalità con cui presentare al mondo dei follower ciò che gli sponsor spediscono loro.

È vero che tutti al giorno d’oggi abbiamo un telefono in mano su cui curiosiamo o su cui passiamo il tempo. Anche se sarebbe meglio concentrarsi sulla vita reale e non sul mondo virtuale, non bisogna dimenticarsi che è anche importante non lasciarsi “influenzare” troppo proprio dagli influencer, dai continui stimoli e dai modelli che continuamente vengono presentati, i quali sembrano perfetti, ma in realtà non lo sono e non sono neanche, per l’appunto, la realtà.