Ecco perché l’omeopatia non funziona

Basta chiedere un po’ in giro per accorgersene: ci sono sempre più persone che affermano con convinzione l’efficacia dell’omeopatia e che condanno come dannosa la medicina tradizionale. Vengono da porsi, però, un paio di domande fondamentali. Che cos’è l’omeopatia? Ma, soprattutto, funziona davvero?

Facendo un breve sondaggio nella mia classe, la 5^B del liceo Scientifico Orazio Grassi di Savona (a.s. 2019/2020), mi sono accorta che, molte persone, sebbene abbiano risposto di sì alla seconda domanda, non sapevano che cosa rispondere alla prima.  Sconvolgente, vero? Essere sicuri che qualcosa funzioni senza sapere che cosa sia, in realtà, questo qualcosa.  Per cercare di fare chiarezza ho deciso di leggere “Omeopatia. Bugie, leggende e verità” (2019) di Roberto Burioni. Roberto Burioni è un medico, divulgatore scientifico e professore ordinario di Microbiologia e Virologia che insegna presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Nel 2017, inoltre, ha vinto il premio Asimov per la divulgazione scientifica con il suo libro “Il vaccino non è un’opinione”, un’opera adibita a smontare le tesi antivacciniste. E’ molto attivo sui social, soprattutto, Facebook e Twitter, dove condivide informazioni e cerca di sensibilizzare il popolo di internet su argomenti medici avvolti dall’ignoranza.

“Omeopatia. Bugie, leggende e verità” è un libro che, sebbene sia lungo solamente 180 pagine, racchiude numerosissime informazioni sull’omeopatia, che ci sono illustrate con lo stile diretto e affilato di Burioni. Uno dei primi capitoli risponde proprio alla domanda “Che cos’è l’omeopatia?”. L’omeopatia è stata inventata agli inizi del 1800 dal medico tedesco Samuel Hanhnemann e si basa sulla teoria del “simile cura il simile”, che ancora oggi è utilizzata. Se si decide di curarsi con delle erbe, a differenza di quello che molti credono, non si sta facendo uso di omeopatia. I rimedi naturali sono molto diversi dai rimedi omeopatici. Certo, esistono dei rimedi omeopatici che derivano da erbe e piante, ma il loro sviluppo si basa appunto sulla teoria del “simile cura il simile”, che non è assolutamente presente nella creazione dei cosiddetti rimedi naturali.

Una malattia molto presente ovunque agli inizi del 19esimo secolo era la malaria; il metodo che era usato per curare questa terribile malattia era l’assunzione di preparati a base di corteccia dell’albero della china. Ad oggi sappiamo che la particolare corteccia di quest’albero contiene una sostanza in grado di contrastare l’infezione, alla fine del ‘700 si pensava che la guarigione fosse dovuta al sapore amarissimo. Samuel Hanhnemann non era d’accordo, perciò, decise di ingerire un’enorme quantità di estratto di corteccia di china per dimostrarne l’inefficacia. Sì provocò una reazione allergica: febbre, brividi, spossatezza, sintomi identici alla malaria. Non dimostrò che la china era inefficace, ma si convinse esattamente del contrario. Si convinse che la corteccia che curava la malaria provocava gli stessi sintomi della malattia e questo bastò a formulare la sua teoria: “Il simile cura il simile”. Si convinse che ciò che provocava i sintomi di un certo male, infallibilmente, sarebbe anche stato in grado di curarlo. Hanhnemann definì la sua scoperta “una sublime rivelazione di una legge eterna”.  Siccome questa nuova “medicina” doveva curare il simile con il simile, prese il nome di omeopatia, dal greco hòmoios, simile, e pàtheia, suffisso legato a pàthos, malattia.

Problemi a dormire? Allora bisogna assumere un’ingente quantità di caffè per risolvere la questione. Il problema è che nessuno di noi si sognerebbe mai di bere un litro di caffè per curare l’insonnia, allora perché seguire i prodotti omeopatici? Ovviamente perché nei prodotti omeopatici è presente una quantità davvero minima del composto che causa i sintomi del male e che quindi lo “cura”. Nel corso dell’ottocento, a lungo andare, i medici si sono accorti che per curare, per esempio, l’intossicazione da cianuro, assumere una quantità spropositata di cianuro non migliorava per niente le condizioni dei pazienti, anzi. Hanhnemann trovò la soluzione: diluire. Senza entrare troppo nei particolari, ci viene naturale pensare che, continuando a diluire una sostanza, alla fine, non ne troveremo quasi più traccia. Se prendiamo una cisterna di acqua e ci versiamo mezzo litro di coca cola, ci resterà ben poca coca cola. Hanhnemann diluì talmente tante volte il cianuro che per berne una singola molecola sarebbe stato necessario ingoiare più di duecento litri d’acqua. Sulle confezioni dei prodotti omeopatici è ancora oggi possibile leggere il numero delle diluizioni avvenute, basti tenere a mente che, per gli omeopatici, più una sostanza è diluita, più funziona.

Esistono moltissimi tipi di prodotti omeopatici che derivano dalle sostanze più strane e inimmaginabili.  Esiste un “farmaco” omeopatico a base di Muro di Berlino (acquistabile su Amazon), infatti, il muro era ciò che faceva sentire le persone chiuse e oppresse, quindi quale miglior rimedio per l’ansia? Ne esiste uno a base di luce lunare, uno a base di luce solare e uno persino a base della nota musicale Fa. Ne esiste uno contro problemi di rabbia che addirittura deriva dalla saliva di cani affetti dalla rabbia. C’è n’è uno, che ovviamente è molto difficile da procurarsi, che è originato dalla diluizione di polvere proveniente dalla Muraglia Cinese. Tutte queste cose sembrano impossibili, eppure sono vere.  Il prodotto (la sostanza? La cosa?) più comunemente usato nei rimedi omeopatici è, però, l’oscillococco. Ma che cos’è?

Per capirlo bisogna risalire ai tempi della Prima Guerra Mondiale, un terribile conflitto che provocò la morte di circa dieci milioni di persone. Durante la guerra scoppiò la nota epidemia di influenza spagnola, che uccise tra i 40 e i 100 milioni di esseri umani. Non un bel periodo per vivere, ma era lì che visse Joseph Roy, un giovane medico che si mise a osservare i campioni provenienti dai malati di spagnola per cercare di identificarne la causa. Ad un certo punto, pensò di aver fatto un’importantissima scoperta. Si accorse che, in tutti i tessuti che provenivano dai malati che analizzava, era sempre presente uno strano microbo animato da un movimento vibratorio. All’epoca erano già noti sia gli stafilococchi sia gli streptococchi, due tipi di batteri, perciò Roy si convinse di aver trovato un nuovo tipo di batterio, l’oscillococco appunto, il “batterio che tondo che oscilla e vibra”. Avevano caratteristiche molto particolari, poiché oscillavano (cosa unica tra i microorganismi) e avevano forme molto molto variabili, ma questo non fece sorgere nessun dubbio. Joseph Roy, incoraggiato da risultati tanto strabilianti, decise di cercare l’oscillococco anche in altre patologie. Lo trovò dappertutto e questo poteva dire, secondo lui, una sola cosa: era la causa di moltissime malattie, persino il cancro. Essendo la causa delle malattie allora, seguendo la teoria del “simile cura il simile”, sarebbe stato in grado di curarle tutte. Ma essendo presente in così tanti tessuti, da dove sarebbe stato più efficace sintetizzarlo? Roy decise che la fonte migliore era l’anatra muschiata e spiegò dettagliatamente come preparare il composto di oscillococchi. Ecco cosa scrisse (paragrafo preso dal libro “Omeopatia. Bugie, leggende e verità” di Burioni, capitolo 1 pagina 21):

Mettere in un pallone da un litro, in condizioni rigorosamente asettiche, una miscela di succo pancreatico e soluzione glucosata. Decapitare un’anatra muschiata ed estrarne fegato e cuore. Aggiungere dunque alla miscela nel pallone 35-37 grammi di fegato e 15 grammi di cuore dell’anatra. Lasciare in incubazione per 40 giorni. Dopo questo periodo, i visceri dell’anatra saranno autolisati, vale a dire i tessuti si saranno decomposti senza contaminazioni esterne. L’autosilato filtrato costituisce il campione a partire dal quale si preparerà il rimedio.

L’oscillococco doveva essere la panacea capace di curare tutti i mali. L’unico problema fu che dopo Joseph Roy nessun altro scienziato fu in grado di vederlo. Perché? Perché l’oscillococco non esiste. Essendo all’inizio della sua carriera e dato la tecnologia primitiva dei microscopi, Roy non era stato in grado di preparare correttamente i vetrini. Lasciava, senza accorgersene, che moltissime bolle d’aria s’insinuassero tra un vetrino e l’altro. Gli oscillococchi non sono altro che bolle d’aria, è solo un errore sperimentale. Eppure l’Oscillococcinum (i famosi granuli), che viene ancora preparato così come scrisse Roy, in alcune nazioni, è nelle prime posizioni della classifica dei farmaci più venduti contro l’influenza. Un composto a base di qualcosa che non esiste è in grado di curare l’influenza, scioccante.

  In conclusione, ci tengo a fare una precisazione nel caso le argomentazioni svolte in precedenza non siano sembrate credibili (o perlomeno possibili). L’omeopatia è una pseudoscienza, ossia una pratica che pretende di essere scientifica, ma che in realtà non è basata su alcun metodo scientifico.  E’ un dato di fatto, non esiste alcuno studio scientifico accurato che dimostri l’efficacia dei prodotti omeopatici. Testare il funzionamento o meno di un farmaco è un processo lungo e complicato che, come ci dice Burioni, deve tenere anche conto della potenza della mente umana e di quanto sia facile influenzarla. Bisogna cercare in tutti i modi di sfuggire all’effetto placebo. L’effetto placebo è il momentaneo miglioramento (attenzione, non la guarigione!) di un paziente dovuto ad aspettative positive. Nessuno dei test sui cosiddetti farmaci omeopatici ha mai tenuto conto dell’effetto placebo. Sia i dottori che conducevano i test, convinti omeopati, sia i pazienti, convinti di star assumendo qualcosa di efficace, non hanno mai potuto fornire dati credibili, giacché annacquati dall’effetto placebo.  Nel 1996 James Randi, un famosissimo prestigiatore professionista, non ché oppositore delle pseudoscienze e scettico, lanciò la One Million Dollar Paranormal Challenge. Il premio da un milione di dollari sarebbe stato vinto da chiunque fosse stato in grado di dimostrare scientificamente o l’esistenza di poteri paranormali, o l’efficacia di varie pseudoscienze tra cui l’astrologia, la chiromanzia e, ovviamente, l’omeopatia. Uno dei test proposti dalla sfida per dimostrare l’efficacia dei preparati omeopatici era quello di preparare cinquanta recipienti contenenti un preparato omeopatico (diluito dodici volte uno a cento) e cinquanta di solo solvente. Tutti e cento i recipienti dovevano essere mescolati da un giudice esterno e conservati in un luogo sicuro. Se colui che voleva superare il test fosse riuscito a identificare e a dimostrare scientificamente, in quali recipienti si trovava il composto omeopatico, la sfida sarebbe stata ritenuta vinta. Viene da se che se nei composti omeopatici fosse davvero presente un qualsiasi principio attivo, sarebbe stato molto semplice identificarli dal solvente. Nessuno è mai riuscito ad intascarsi il milione di dollari.

Un altro “esperimento” che ha dimostrato l’inefficacia dell’omeopatia è stato svolto del 2004 ad opera di alcuni membri appartenenti alla SKEEP, l’associazione di scettici belga, che tentarono il “suicidio omeopatico di gruppo”. Assunsero ingenti quantità di prodotti omeopatici a base di veleno di serpente, belladonna e arsenico. Nessuno morì. Non ci fu nessuna vittima nemmeno quando, sei anni dopo, l’esperimento fu riprovato da un gruppo di partecipanti a una protesta contro l’omeopatia. Tutti assunsero ottantaquattro pillole ciascuno di una preparazione omeopatica a base di arsenico, venti volte la dose consigliata.

Nonostante tutti gli esperimenti scientifici che hanno dimostrato l’inefficacia dell’omeopatia, nelle farmacie è facilissimo trovare farmaci omeopatici e, cercando su internet, è possibile prendere appuntamento presso “dottori” omeopati (a Savona ce ne sono almeno tre!).