Guerra in Ucraina: orrore, ipocrisia e propaganda

Ormai da più di un anno, i paesi occidentali stanno conducendo una guerra contro la Russia mediante L’Ucraina e il suo popolo martoriato. Inviando carri armati, armi, munizioni e missili gli stati che costituiscono “la resistenza anti-russa” stanno cercando di fermare Putin nella sua campagna militare, tuttavia con il tempo l’avanzata di Mosca continua. Il timore è che, quando le risorse belliche non basteranno più, saremo costretti a mandare delle truppe in Ucraina, cosa che significherebbe l’inizio della Terza Guerra Mondiale e dell’olocausto nucleare.

L’unica alternativa possibile è la trattativa e la risoluzione diplomatica del conflitto, ma questa opzione sembra non piacere né ai governi né ai media: i primi perché, come dei bambini pieni di orgoglio, considerano l’apertura al dialogo una sconfitta umiliante e un segno di debolezza; mentre, per la seconda, l’opzione della pace appare incompatibile con il mantra russofobico che, attraverso le immagini a senso unico dei bombardamenti e dei morti civili, essa sta alimentando.

Questa è una prova dell’ipocrisia degli stati, infatti, quando nel 1999 la Nato attaccò la Jugoslavia, i telegiornali non riportavano il numero delle vittime e facevano vedere, al massimo, i bagliori delle esplosioni nel buio della notte, nessun volto addolorato e nessuna immagine dell’orrore commesso dall’Alleanza Atlantica E quando la tv serba provò a mostrare gli effetti provocati dai bombardamenti, la Nato la oscurò tempestivamente con un bombardamento “chirurgico”. Naturalmente una guerra illegale non ne giustifica un’altra.

Mentre le vittime civili, soprattutto bambini, ci vengono riferite quotidianamente, i morti tra le forze armate ucraine sono un dato sconosciuto che si può al massimo azzardare. Secondo il governo di Kiev, i caduti tra le loro file andrebbero da 10 a 13 mila uomini, mentre la presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, a dicembre aveva dichiarato l’uccisione di 100 mila soldati ucraini. Nello stesso periodo il capo di Stato maggiore del Pentagono, Mark Miley, sosteneva che le truppe russe perite durante gli scontri ammontassero a 100 mila anch’esse. Dunque, per spostare il confine un po’ più in là, 200 mila vite sono state spazzate via: la cosa preoccupante è che tra queste vittime vengono piante solo quelle ucraine, mentre le morti fra i ragazzi dell’esercito avversario vengono quasi festeggiate, come se non fossero persone umane. Addirittura, sono stati elogiati sia i neonazisti del Battaglione Azov, che già dal 2014 perseguitava i russi nel Donbass, sia l’assassinio di Darya Dugina, colpevole di essere figlia di suo padre.

Per continuare questa carneficina abbiamo distorto la nostra Costituzione, in particolare  l’articolo 11 che denuncia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; nei TG è quasi vietato far notare come sia stata la Nato a pressare la Russia, inglobando al suo interno vari stati dell’Est Europa; è altrettanto proibita la cartina dei paesi che non hanno condannato il Cremlino, ovvero l’87% della popolazione mondiale. Sarebbe bello pensare Putin isolato, ma non è così. Sarebbe bello constatare che le sanzioni stiano indebolendo Mosca, ma in realtà danneggiano principalmente l’economia europea.

Nonostante la propaganda, da sempre, stia cercando di inculcarci concetti assurdi, come “guerra umanitaria” “per scopi di pace”, “missione militare speciale” e Putin rimanga un criminale, ormai la realtà di una guerra nucleare non è più così lontana dall’Europa. Se vogliamo uscire da questo terribile massacro ed evitare l’autodistruzione dell’Umanità, bisogna scendere a patti anche con un tiranno: all’etica dei principi deve affiancarsi l’etica della responsabilità.