IRAN, RUSSIA, OCCIDENTE: FRA PROTESTA E ACCETTAZIONE

Si prospettano due epiloghi molto diversi per due Paesi guidati entrambi da regimi totalitari: mentre in Iran le proteste vanno avanti giorno dopo giorno in maniera sempre più decisa, i russi disposti a mettersi contro il loro governo diminuiscono copiosamente e le manifestazioni anti-guerra sembrano ormai un ricordo sfocato. Eppure, da un punto di vista oggettivo, l’invasione militare di un altro Paese non si colloca tanto in basso rispetto a un femminicidio.

Si possono spiegare reazioni tanto opposte verso i rispettivi governi analizzando i comportamenti e le abitudini di entrambi i popoli.

Il primo indice di comparazione tra gli abitanti dei due stati è l’utilizzo dei social media: nelle realtà dove gran parte dei mezzi di informazione sono controllati e sottoposti alla censura dai governi, i social diventano l’ultimo barlume di speranza per chi non ha intenzione di soccombere alla propaganda. Non dobbiamo dunque sorprenderci quando veniamo a sapere del divieto sull’uso di applicazioni come Instagram, Twitter e Facebook in entrambi i Paesi.

Per fortuna l’uso dei social, anche se essi non sono disponibili è garantito dalle VPN: gli acquisti di questi servizi (che rendono privata e sicura la navigazione in Internet, dando anche la possibilità di accedere a contenuti bloccati nel proprio Paese) hanno raggiunto degli aumenti del 3000% in Iran e del 2500% in Russia.

In quest’ultima vi è, però, un ulteriore problema: è stato effettuato un secondo blocco, proprio su questi mezzi di “aggiramento” della censura. Insomma, se in Iran il popolo è riuscito a districarsi, in Russia si è tornati punto a capo e le speranze sono ormai poche.

Un altro fattore che può spiegare la scarsa propensione di gran parte del popolo russo a scendere in piazza è il semplice fatto che la guerra non intacca la loro vita strettamente quotidiana, mentre in Iran i soprusi sono molto percepiti dai cittadini.

Nonostante questa indifferenza, fra settembre e ottobre (+10% contro e -10% pro), secondo un sondaggio di un’organizzazione indipendente locale, sono aumentati i russi che criticano l’intervento militare in Ucraina.

Si tratta probabilmente di una scintilla di paura: il 20 settembre è stato annunciato dal Cremlino il reclutamento fra i civili. Qualcuno potrebbe vederla come ipocrisia, ma credo che tutti preferiremmo essere chiamati ipocriti piuttosto che essere chiamati alle armi.

Come detto in precedenza, la fonte di informazione principale in Russia è la televisione, dove la propaganda (come da noi) regna sovrana. Se ai giovani desiderosi di cambiamento vengono “tarpate le ali” dal governo e decidono di scappare dalla loro patria, in Iran la situazione è totalmente diversa: tutte le fasce d’età sono scese in piazza a protestare contro gli abusi del regime sulle donne, tema che nel XXI secolo non passa di sfuggita.

Si può ipotizzare che il fattore determinante per il successo o il fallimento delle rivolte sia quanta popolarità (crescente o decrescente) il problema affrontato abbia: se nella maggior parte dei Paesi si sente continuamente parlare del pay gap, dei femminicidi e degli abusi che le donne subiscono, l’opinione pubblica si sentirà più vicina al problema. Invece, i media non parlano della guerra come oggettiva causa di preoccupazione ma solo in termini di vittoria sul nemico, inevitabile e giusta, fra pacche sulle spalle e sorrisi dei politici, marciando gioiosamente verso la terza guerra mondiale.

Fonti: https://lagazzettadelpubblicitario.it/digital/social-media/iran/