L’apartheid


 

L’apartheid, il cui significato è letteralmente “separazione”, “partizione”, era la politica di segregazione razziale istituita nel 1948 dal governo di etnia bianca del Sudafrica, e rimasta in vigore fino al 1991.

Nel 1931, l’Unione, dopo aver ottenuto la completa indipendenza dalla Gran Bretagna e quindi dopo secoli di colonizzazione, affermò ufficialmente la teoria della cosiddetta “dignitosa segregazione”, mettendo in atto una rigida separazione delle diverse razze. L’Unione Sudafricana fu, quindi, divisa in una minoranza bianca (il 21% della popolazione), costituita da coloni di origine britannica ed afrikaner, che gestiva il potere politico ed economico, e in una maggioranza nera (oltre il 60%) pressoché priva di diritti. I primi, specialmente gli afrikaner, affermavano di voler “far crescere in armonia” i vari gruppi etnici con le relative tradizioni; in realtà completarono un vero e proprio “piano” legislativo e politico dell’apartheid, attraverso il National Party.

Nel 1948 il National Party vinse le elezioni, adottando l’apartheid come politica ufficiale dello Stato. Da questo momento, i neri non poterono più utilizzare gli stessi mezzi pubblici dei bianchi, frequentare le stesse scuole, inoltre, percepivano salari molto più bassi, furono privati del diritto di voto e dovevano avere speciali passaporti interni per muoversi nelle zone riservate alle etnie bianche. I negozi furono obbligati a servire tutti i clienti di etnia bianca prima di quelli di etnia nera e,  infine, i neri furono sfrattati con la forza dalle loro case e deportati nei bantustan, stati con un’amministrazione autonoma dal Sudafrica; in questo modo, chi vi abitava perdeva la cittadinanza sudafricana. Le terre di questi territori erano aride e povere, e i neri dovevano quindi andare a lavorare nei territori sudafricani controllati dai bianchi: qui, però, venivano considerati stranieri e non godevano di alcun diritto civile.

L’unica opposizione all’apartheid venne dal partito dei neri sudafricani, l’ANC, a cui parteciparono anche Nelson Mandela e Stephen Biko, che dagli anni ‘50 protestò attraverso scioperi e boicottaggi. Il governo reagì arrestando i contestatori.

La liberazione di Nelson Mandela, avvenuta nel 1990 dopo 27 anni di prigionia, e la sua successiva elezione a capo dello Stato, nel 1994, decretarono la fine dell’apartheid (avvenuta nel 1991) e l’inizio di una nuova era. Furono revocate le sanzioni economiche contro il Sudafrica da parte della comunità internazionale e si iniziò a formare un paese dove non dominassero né i bianchi, né i neri, ma il governo fosse multirazziale e costituzionale. Inoltre, nel 1993, Mandela e de Klerk furono premiati con il Nobel per la pace.

Una delle tante conseguenze dell’apartheid furono le forti pressioni internazionali nel mondo dello sport; come, ad esempio, l’esclusione del Sudafrica alle Olimpiadi di Tokyo avvenute nel 1964.

Ogni anno il 18 luglio viene ricordato con il Nelson Mandela International Day, una ricorrenza voluta dalle Nazioni Unite per commemorare il suo servizio e il suo sacrificio, memori del fatto che l’opera di Mandela non è ancora conclusa.

Infine, voglio concludere con una frase di un discorso di Nelson Mandela: “Essere liberi non significa solo sbarazzarsi dalle proprie catene, ma vivere in un mondo che rispetta e valorizza  la libertà degli altri”.