La coscienza di Zeno

La coscienza di Zeno
di Italo Svevo
adattamento di Monica Codena e Paolo Valerio
con Alessandro Haber
e con Alberto Onofrietti, Francesco Migliaccio, Valentina Violo, Ester Galazzi, Riccardo Maranzana, Emanuele Fortunati, Meredith Airò Farulla, Caterina Benevoli, Chiara Pellegrin, Giovanni Schiavo
scene e costumi di Marta Crisolini Malatesta
movimenti di scena di Monica Codena
video di Alessandro Papa
musiche di Oragravity
luci di Gigi Saccomandi
produzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Goldenart Production

12/13/14 Dicembre Teatro Chiabrera

Lo spettacolo inizia con la proiezione di un enorme occhio indagatore, a sipario chiuso, che passa poi a riempire lo sfondo quando il proscenio si apre.

Appare un’unica grande stanza grigia, sul palco, seduto in poltrona, Zeno fuma; sul fondale, seduti faccia al muro, tutti gli attori principali della storia che piano prenderà forma. Una voce narrante, di cui solo l’occhio è parte visibile, introduce il pubblico nel racconto interiore, psicanalitico e onirico, delle memorie del protagonista: Zeno Cosini.

Il vecchio Zeno, interpretato da Alessandro Haber inizia il racconto dialogando con se stesso e con il giovane Zeno, Alberto Onofrietti, dipingendo ricordi tra passato e presente, in cui fanno incursione, rendendo vivo il momento, i vari personaggi della storia: il padre, le varie donne della sua vita e il cognato.

Si può intravedere la scelta registica di snocciolare, in maniera quasi didascalica, i vari capitoli del libro a cui fa riferimento lo spettacolo: i testi e le battute, nonché la chiusura, sono presi completamente dal testo originale.

La regia presenta lo spazio scenico come una scatola cranica, in cui pensieri e ricordi si organizzano, venendo più o meno alla luce, prendendo parola e muovendosi, a volte anche con danze roteanti che coinvolgono tutti i personaggi. Tutto qui accade e si manifesta con contorni sfumati, mentre il vecchio Zeno dalla sua poltrona osserva e commenta come a guardare con noi i suoi ricordi.

Cosa ha funzionato:  l’ambientazione, i toni dei colori e gli abiti riportano fedelmente al periodo in cui si svolge la storia (Italia, Trieste, prima della prima guerra mondiale). Le proiezioni video a parete regalano importanti suggestioni e funzionano, come sperimentato ormai da tanti altri registi che usano il video mapping. La voce impastata del protagonista e il suo gesticolare e farfugliare riportano a quella che si può immaginare possa essere la voce di Zeno Cosini, mentre si legge, trasmettendone una dimensione interiore confusa. Apprezzabili i cambi scena danzanti, con la rielaborazione delle sedie in letti, bare e salotti, per dare ritmo allo spettacolo.

Cosa, per noi, non ha funzionato: le immagini nella grande cornice, che accoglie prima l’iride e poi varie controscene filmate di quelli che sono i personaggi in scena, fa tanto, troppo, Henry Potter e se una o due possono aver senso, le altre sono veramente inutili. La coscienza di Zeno appare per una sola battuta, personificata da un giovane con una maschera neutra, che prontamente lascia la scena senza mai più tornare. La coscienza è quindi senza un volto? Senza età? Oppure resta giovane per sempre e appartiene solo al vecchio Zeno con cui in quei pochi secondi dialoga? Fosse entrato l’armadillo di Zero Calcare sarebbe stato meno ridicolo e più ingombrante.

 Il giovane Zeno,  bravo come attore, non trasmette niente: tutta la tormentata esistenza viene esplicitata dal vecchio Zeno. Arriviamo così al punto cruciale, a quello che non abbiamo sentito nella rigorosa scansione del susseguirsi delle scene, non abbiamo sentito l’inettitudine di Zeno, la sua incapacità e il suo tormento: sigarette tante ma il legame, la dipendenza psicologica dall’oggetto, quasi più che dalla sostanza, non passa. Zeno risulta più logico che inquietante, capace di passare dalla moglie all’amante senza nuocere a nessuna ma con eleganza, risolve i problemi del cognato e finisce lo spettacolo come uomo saggio. L’oscillare di Zeno tra quello che è la malattia e la salute, la verità e l’inganno, la sua inadeguatezza nelle relazioni personali è come messo in ordine e non determinato dalla stessa ingarbugliata coscienza che dovrebbe essere la vera protagonista dello spettacolo.

Lo spettacolo è in equilibrio e non rende la costante oscillazione della vita del nostro protagonista, specchio di una società che presto si sbilancerà verso la prima guerra mondiale.

Consigliamo la lettura del libro.

Giacomo Siccardi e Gabriele Canali.