Overdose americana, sintomo di una crisi in arrivo

Negli Stati Uniti ogni anno muoiono almeno 40.000 persone per overdose da eroina, antidolorifici e altri oppioidi. Non si tratta solamente di un’emergenza sanitaria, è anche il sintomo del malessere di un paese che cerca di sfuggire alla realtà. Al giorno d’oggi l’overdose è sempre più frequente. I primi casi risalgono al XIX secolo, ma la situazione è peggiorata, in particolare nella zona sud-ovest degli Stati Uniti. Questa epidemia avrebbe dovuto scatenare una “guerra” contro le droghe, ma fino ad ora non c’è stato un serio intervento per arginare il problema: viviamo in un’epoca di solitudine, ancor più dei secoli precedenti.

Durante la guerra di indipendenza il papavero era molto diffuso fra i soldati americani, perché serviva a placare il dolore delle ferite riportate sui campi di battaglia. Il papavero si diffuse così all’interno della società: le madri lo davano ai bambini sotto forma di “sciroppo calmante” e alcuni Stati cominciarono a coltivarlo. In seguito, molti reduci diventarono dipendenti dalla droga, a loro si unirono milioni di mogli, sorelle, madri distrutte dal dolore della guerra.

Esiste una regola aurea del proibizionismo formulata nel 1986 dall’attivista Conan: più cresce la repressione contro le droghe, più le droghe diventano potenti. Il proibizionismo porta i produttori a cercare nuove droghe per rendere la sostanza più potente. Si viene così a creare un traffico illegale.

Oggi abbiamo creato società umane all’interno delle quali isolarsi da ogni legame è molto semplice. Invece di andare contro i tossicodipendenti bisognerebbe aiutarli. Tale problema è più presente tra le persone che hanno più difficoltà a livello sociale. A questo è legato anche il tasso di disoccupazione, più aumenta, maggiore è la tossicodipendenza.

Lo Stato si illude che tale problema non esista, ma secondo recenti studi il continuo aumento di morti per overdose potrebbe portare alla crisi del sistema.