WORKAHOLICS: I DROGATI DI LAVORO

Secondo l’international Labour Organization circa un quarto degli impiegati lavora oltre 49 ore settimanali. È stato anche coniato il termine inglese workaholic per definire i “drogati di lavoro”. Questi ultimi si impegnano più del richiesto e non traggono piacere dal proprio sforzo, si allontanano dalla vita familiare e sociale, ricorrono a caffeina, alcool e sigarette per lavorare di più fino ad arrivare all’ esaurimento fisico con insonnia, mal di testa cronico, ipertensione e vuoti di memoria.

Alcuni estremi stacanovisti potrebbero essere l’ex presidente degli Stati uniti Barack Obama, che di notte leggeva i documenti dell’intelligence, Elon Musk, imprenditore statunitense, che lavora 17 ore al giorno e non disdegna di dormire in un sacco a pelo in ufficio, o la ministra della Giustizia francese del governo Sarkozy, Rachida Dati, rientrata in ufficio 5 giorni dopo il parto.

Secondo la psicologa americana Diane Fassel, ciò che può portare a questa dipendenza non sono solo le richieste pressanti del mondo del lavoro e la competizione con i colleghi, ma anche tratti della personalità come una forte coscienziosità, la mancanza di una stabilità emotiva o la scarsa autostima. Anche dei genitori estremamente stacanovisti possono influenzare il figlio fino a farlo diventare un workaholic.

Ma quali sono i rischi che comporta il troppo lavoro? Alcuni studi dimostrano che i workaholics conducono spesso una vita sedentaria, seguono un’alimentazione scorretta e hanno una grande carenza di sonno. Da tutto questo deriva un maggiore pericolo di malattie cardiovascolari, disturbi muscolo-scheletrici, gastrointestinali ed endocrini. Aumenta anche il rischio di divorzio, ma a rimetterci sono soprattutto i figli che, crescendo troppo perfezionisti e critici verso sé stessi, tendono a diventare più infelici, ansiosi e depressi.

Dopo aver analizzato le cause che provocano questa dipendenza e ciò che essa comporta, la domanda sorge spontanea: come se ne esce? Secondo gli studiosi è necessario ricorrere alla psicoterapia, che ha il solo scopo di spegnere il comportamento patologico, poiché il lavoro non può essere eliminato per sempre, a differenza di alcune comuni dipendenze come il gioco d’azzardo o la droga.

In alcuni paesi, però, si mira alla prevenzione: ne è esempio la Francia che da gennaio 2017 ha sancito per legge il diritto a non rispondere alle e-mail di lavoro durante il fine settimana o le ferie. Un’azienda neozelandese, invece, ha provato ad accorciare la settimana lavorativa da 5 a 4 giorni. Da questo studio è emerso che la produttività non era cambiata di una virgola e che il 78% degli impiegati era felice di poter bilanciare meglio vita privata e impiego. L’unica “pecca” di tale esperimento sono i costi: Infatti l’azienda ha dovuto assumere nuovi impiegati per coprire l’orario completo.

In sintesi, sia che si lavorino 4 o 5 giorni a settimana, bisogna riuscire a distinguere la propria vita privata da quella lavorativa e a condurre un’esistenza soddisfacente nonostante le tante ore passate in ufficio.